Già da
qualche anno, nelle vie e nelle piazze delle città svizzere,
campeggiano manifesti “anti-immigrazione”: alcuni mostrano un
enorme albero che si schianta sulla mappa della Svizzera, altri una
donna velata con la scritta “Un milione di musulmani presto?”;
nel 2009 gli elettori approvarono la proposta di vietare la
costruzione di nuovi minareti.
Ma gli
immigrati che fanno paura non sono solo arabi o musulmani.
Domenica
9 febbraio è passato un referendum dal titolo “Contro
l'immigrazione di massa”, fortemente voluto dal partito di destra
dell'Unione democratica di centro (Udc/Svp) che ha proposto
l'iniziativa, accompagnandola con una serie di slogan che, purtroppo,
sentiamo ripetere anche in Italia: l'immigrazione fuori controllo
porterebbe all'aumento della disoccupazione per gli “autoctoni”,
problemi di sicurezza, aumento degli affitti, treni sovraffollati,
etc.
L'iniziativa
è stata approvata dal 50,3% dei votanti ed è stata accolta, in
particolare, nei cantoni di lingua italiana, tedesca e nelle zone
rurali: nel 2011 la Svizzera aveva introdotto delle quote per gli
immigrati provenienti da otto Paesi dell'Europa centrale e orientale,
ma da oggi le quote si estenderanno anche ai migranti provenienti
dall'area occidentale. Il piano, quindi, vede coinvolti cittadini di
tutta Europa, frontalieri e richiedenti asilo.
L'esito
del referendum che comporta un cambiamento nelle politiche
migratorie: viene, infatti, introdotto un nuovo articolo nella
Costituzione secondo il quale vengono limitati i permessi di dimora
per gli stranieri, attraverso tetti massimi e contingenti annuali,
definibili in funzione degli interessi generali dell'economia
svizzera. Inoltre, in caso di assunzione di nuovi lavoratori, le
imprese devono dare la preferenza agli svizzeri.
Bruxelles
ha espresso “rammarico” e un portavoce dell'Ue ha dichiarato:
“Esamineremo le implicazioni di questa iniziativa sui rapporti
complessivi fra Ue e Svizzera”, anche perchè la Svizzera non è
membro dell'Unione, ma ha firmato molti accordi di cooperazione
bilaterale con Bruxelles, tra cui quello che garantisce ai cittadini
europei di vivere e lavorare in Svizzera e ai cittadini svizzeri di
fare lo stesso in Europa. Si attendono, quindi, nuovi negoziati e
nuove disposizioni riguardanti l'Accordo sulla libera circolazione
delle persone in vigore con l'Ue dal 2002.