Il 28
gennaio scorso si è svolto a Milano un incontro, presso l'Urban
Center, in cui si è discusso ancora del problema del
sovraffollamento delle carceri italiane e, in particolare della
situazione dei detenuti negli istituti penitenziari della Lombardia.
“Siamo
una Regione molto particolare dal punto di vista carcerario” ha
affermato Valeria Verdolini, presidente lombardo dell'Associazione
Antigone “ con ben 19 diversi istituti detentivi. Un fenomeno di
grandi dimensioni, quindi, ma al quale è possibile approcciarsi in
maniera costruttiva grazie alla rete esistente a livello locale e che
unisce le strutture di volontariato, le associazioni, le
istituzioni”.
Antigone
monitora periodicamente le carceri e racconta ciò che vede. Nel IX e
ultimo rapporto dell'associazione sulle condizioni di detenzione,
intitolato “Senza dignità”, i dati riferiscono che le regioni
italiane più affollate sono la Liguria, la Puglia e il Veneto; al 31
ottobre 2012 i 66.685 detenuti sono in maggioranza uomini e italiani;
le donne rappresentano il 4,2% della popolazione carceraria e il
35,6% è rappresentato dagli stranieri. Le nazionalità più presenti
sono quella marocchina, romena, tunisina, albanese e nigeriana. Nel
report si ricorda che: “Con una sentenza del 28 aprile 2011 la
Corte di Giustizia Europea ha dichiarato incompatibile con la
Direttiva rimpatri l'articolo 14, commi 5 ter e 5 quater, del Decreto
Legislativo n. 286/1998, che prevedeva la detenzione in caso di
mancata ottemperanza all'ordine del Questore di allontanarsi dal
territorio italiano. Dopo una iniziale incertezza, si è di fatto
proceduto per decreto legge alla modifica di questo reato, escludendo
il ricorso al carcere. Ad oggi, però, la percentuale degli stranieri
tra i detenuti è scesa di poco rispetto al dicembre del 2010, quando
era del 36,7%”.
La
ricerca riporta un dato inquietante: quello relativo agli atti di
autolesionismo o ai tentati suicidi; a questo si aggiunge il fatto
che il 70% dei detenuti è malato e che le patologie più comuni sono
i disturbi psichici, le malattie dell'apparato digerente e le
malattie infettive e parassitarie.
Qualche
passo avanti è stato fatto, nella tutela dei diritti dei detenuti,
con il piano di riorganizzazione avviato a livello ministeriale che
ha ridotto il numero di ore che il detenuto deve trascorrere chiuso
in cella, a favore di una maggiore possibilità di movimento
all'interno della struttura: “Altre iniziative necessarie sono
quelle miranti ad ampliare l'offerta di attività formative e
ricreative” ha sostenuto Alessandra Naldi, Garante dei diritti dei
detenuti del Comune di Milano e ha aggiunto: “In questo Bollate è
diventata un vero e proprio modello per la sua capacità di sfruttare
le risorse del territorio; Opera, invece, deve ancora completare
questo processo di apertura verso l'esterno”. Diversa la situazione
a San Vittore perchè, ha sottolineato sempre il Garante, sono
evidenti i problemi igienici e “la popolazione presenta emergenze
di carattere sociale, con molti stranieri privi di permesso di
soggiorno e detenuti affetti da problemi di salute mentale e di
tossicodipendenza”.
Da
Milano a Roma: a Rebibbia Antigone, in due anni di attività, ha
effettuato 1.149 colloqui e, tra i diritti negati, quelli che più
pesano sulle condizioni dei detenuti riguardano la lontananza dai propri affetti e il diritto alla salute.
Infine,
un grande ostacolo al miglioramento delle condizioni di vita negli
istituti carcerari è costituito dalla mancanza di fondi: “
Assistiamo a un estremo impoverimento del sistema penitenziario”,
ha affermato Daniela Ronco, coordinatrice dell'Osservatorio Nazionale
sulle condizioni di detenzione di Antigone, "mancano i fondi per
qualunque tipo di attività all'interno del carcere, per il lavoro,
per lo studio e per tutti gli altri progetti che potrebbero rendere
meno afflittiva la vita nelle strutture detentive”.