Parla di
giovani profughi in cerca di un futuro, la mostra dal titolo Between
– In sospeso della
fotografa Nanni Schiffl-Deiler, allestita nel foyer del Goethe
Institut Rom, a Roma dal 9 febbario al 9 aprile 2015.
“Questa
mostra evidenzia lo stato dei profughi come esseri umani che si
sforzano di esprimere, malgrado tutta la delusione e la disperazione,
il loro destino difficilmente sopportabile. Le fotografie di questi
giovani rifugiati comunicano come si svolge la loro vita quotidiana:
molto vuoto, molto disordine, pochi esseri umani, talvolta solo
ombre, sempre nuove strade...”: queste alcune parole con cui Lothar
Krappmann – membro del Comitato ONU sui diritti dell'Infanzia e
dell'Adolescenza 2003/2011 – commenta il lavoro della fotografa
tedesca.
I
ragazzi e le ragazze non sono solo i soggetti delle immagini,
illuminati da una luce caravaggesca e spirituale su fondo buio, ma
sono anche coloro che hanno usato il mezzo fotografico per esprimere
raccontarsi. Un racconto che unisce foto e parole: “ A tutt'oggi
non mi è dato sapere se posso rimanere qui in Germania o meno. Così,
ogni mia giornata è priva di un futuro perchè non mi è concesso
concepirlo” dice Hossein dall'Afghanistan; “ ...Al momento non
sto per niente bene perchè non sono soddisfatto del modo in cui sono
costretto a vivere. Mi auguro che rpesto cambi qualcosa”, afferma
Michel dalla Nigeria; “ Felicità significa per me essere
spiritualmente liberi. Se sono libera, anche il mio cuore si
affranca”, questa è l'opinione di Eva dall'Uganda.
Nanni
Schiffl-Dieler, per questo progetto, è partita dalla Dichiarazione
universale dei Diritti dell'Uomo e ha voluto lavorare per e con i
giovani profughi.
Eccovi
la breve intervista che l'Associazione per i Diritti Umani ha fatto
alla fotografa. (Ringraziamo anche la traduttrice Claudia Giusto)
Perchè la scelta di parlare dei profughi e dei rifugiati giovani? Con questa mostra ho voluto richiamare l’attenzione sulla situazione dei profughi minorenni non accompagnati e adolescenti, perché sono proprio loro ad avere bisogno di maggiore protezione. Spesso purtroppo anche qui in Europa al loro arrivo non viene rispettata la convenzione ONU sui i diritti dell’infanzia, sottoscritta dagli stati membri dell’Unione Europea. Come si è sviluppato il progetto fotografico? Una fotocamera digitale compatta con il compito di fotografare semplicemente la loro quotidianità. In modo spontaneo, senza un vero tema. Abbiamo parlato dei muri, visibili e invisibili, di fronte ai quali costantemente si ritrovano. Per molto tempo durante i nostri incontri periodici abbiamo osservato le immagini e ne abbiamo discusso. Poi ho fatto loro delle domande e li ho ritratti. Quali sono le aspettative e le difficoltà di queste persone (considerando anche le differenti aree di provenienza)? Questi ragazzi desiderano una vita in libertà e sicurezza, un’istruzione, vogliono potersi costruire una famiglia. Tutte cose che fanno parte della dignità umana. Dopo una fuga spesso pericolosa e traumatica, le difficoltà hanno inizio con l’arrivo nella “Fortezza Europa”. Spesso questi ragazzi vengono sistemati in Centri di primo soccorso e accoglienza insieme agli adulti, devono studiare in condizioni molto difficili. L’obbligo di residenza non gli permette di muoversi liberamente. Solitamente devono vivere a lungo nella condizione di sospensione temporanea del provvedimento di espulsione (Duldung), il che comporta un grave peso psicologico. Particolarmente difficile è la situazione dei giovani africani, sempre più svantaggiati rispetto agli altri a causa del colore della loro pelle. Qual è il loro rapporto con il Paese d'origine e i loro familiari? La maggior parte di loro non ha più alcun contatto con famiglia, parenti e amici. È un argomento molto delicato, del quale per molto tempo non riescono neppure a parlare. Sentono la mancanza della loro terra di origine e delle persone che hanno lasciato. Alcuni di loro sono stati mandati via proprio dalla famiglia nella speranza di una vita migliore per loro. Fotografie e parole: due modi diversi di esprimere emozioni... È la mia prima mostra fotografica nella quale coniugo fotografia e testo. L’argomento è molto complesso e volevo esprimere insieme emozioni e fatti mettendoli sullo stesso piano. In particolare per me era importante far notare la discrepanza tra i Diritti dell’Uomo sanciti dall’ONU, che spettano ad ogni persona indifferentemente dalla razza, e le condizioni di vita nei paesi di origine. E volevo dare visibilità a questi ragazzi attraverso le loro immagini e le loro citazioni, mostrando come ogni profugo, anonimo nella massa, sia sempre una persona. |