di
Emilio Molinari
L'ISIS
ha dichiarato guerra all'occidente, rispondiamo senza
pietà al
canto della marsigliese. Non ho tentennamenti nella condanna al
terrorismo e al cordoglio delle vittime, ma l'unanime grido: sono in
gioco la nostra civiltà, i nostri valori, il
nostro stile di vita,
la nostra felicità e la nostra gioia...mi inquieta. Perché?
Perché
sono convinto che siamo nel bel mezzo di una “Terza Guerra Mondiale
a pezzi”
di cui il terrorismo in nome di Dio è solo uno dei tanti pezzi.
Che l'orrore parigino è solo una delle tante “rotture” con le
quali il Pianeta ci segnala che non ci regge più...E non regge
proprio il nostro stile di vita, la nostra felicità, la nostra gioia
e...l'arroganza della nostra cultura.
Perché
siamo in guerra con la natura, la quale proprio a Parigi, alla Cop 21
sul clima, ci presenta un conto salatissimo, tragico e ultimativo. E
non sarà chiudendo la bocca agli ambientalisti in nome della
sicurezza che risolveremo i problemi.
Siamo
in guerra con gli emigranti che assediano le nostre frontiere.
Siamo
in guerra con i beni comuni: l'acqua, la terra, l'aria, il fuoco.
Le
guerre portano il segno dell'accaparramento dei combustibili fossili
che scarseggiano. sono infinite e hanno provocato un milione di morti
nella sola Iraq: dolore, torture e indicibili umiliazioni, inflitte a
intere popolazioni dall'occidente, senza “dissociazione” alcuna
da parte nostra.
Ci
scusiamo dopo, per gli errori commessi, mai per gli orrori e il
dolore generati.
I
mutamenti climatici provocano morte e dolore incalcolabili.
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bambini ogni giorno muoiono affogati in Bangladesh, solo perché il
paese va sott'acqua. E non per colpa dei poveri della terra, ma
perché ogni ora il nostro mondo spara in atmosfera centinaia di
milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Siamo in guerra per l'acqua e
con l'acqua e pensiamo di privatizzarla. I nostri governi e le nostre
multinazionali negano l'accesso all'acqua potabile a un miliardo di
persone e 5000 bambini muoiono ogni giorno per questa ragione.
Siamo,
con il land grabbing, in guerra con i contadini per accaparrare le
terre e cacciare uomini e donne che ci vivono da secoli.
La
guerra agli emigranti è sotto i nostri occhi con muri, fili spinati,
barche affondate e con il modo con il quale li trattiamo in
occidente: sfruttati, umiliati, insultati, schiavizzati.
E
siamo in guerra con i poveri delle favelas e con i poveri delle
nostre stesse periferie cittadine
Ma
non ci passa per la testa che al fondo c'è proprio il nostro stile
di vita
occidentale
intoccabile e che sbandieriamo come una chimera a tutto il resto del
mondo. Parliamo dei nostri valori
mentre
priviamo i nostri stessi cittadini europei dei diritti sociali
fondamentali su cui si fondano le nostre costituzioni. Anzi,
cancelliamo dalle costituzioni questi diritti e li sostituiamo con il
pareggio di bilancio.
Circondati
da povertà, da ingiustizia, da catastrofi ambientali, consideriamo
le cose inutili indispensabili, e i nostri desideri diritti
universali.
Vengono al
pettine tutte le contraddizioni del “nostro sviluppo” e il mondo,
come una locomotiva, corre inarrestabile verso la catastrofe, guidata
da un impalpabile conduttore: il mercato, che guida la Casa comune
senza “misericordia alcuna” ad una velocità infinitamente
superiore alle nostre capacità di pensare.
Di pensare
al dolore e all'odio che seminiamo in tutto il mondo e pensare a come
rielaborare questo nostro dolore spettacolarizzato, per sentire
quello ignorato, che provochiamo negli altri.
Il dolore
universale è l'elemento da far emergere dai tragici fatti di Parigi.
Da decenni
l'occidente genera indifferenti e conformisti. Incoscienti del grande
dolore che il futuro prossimo ci riserva.
So che dire
queste cose oggi con i morti di Parigi negli occhi, viene letto come
tradire o giustificare l'orrore; è sottrarsi “all'arruolamento”
nell'esercito occidentale.
In questo
contesto, so di sottrarmi alle domande sul che fare per fermare
l'ISIS, ma sento che la priorità è quella di generare un grande
movimento per cambiare le coscienze e il nostro stile di vita. Sento
che il Papa è l'unica autorità mondiale a parlare del “grido che
sale dall'umanità e dalla Terra”. Che è inascoltato.
Attaccato
da destra e ignorato da una sinistra diffidente e in tutt'altre
faccende affaccendata.
Attaccato
da un laicismo ideologico che rischia di diventare una nuova forma di
cecità che, mentre il mondo va a rotoli, sembra appassionarsi solo
per i temi delle coppie gay o per l'eutanasia.
Mi è
difficile come laico e di sinistra farmi capire su questo terreno.
Difficilissimo dire alla sinistra e ai laici di buona volontà, che
oggi il Papa e l'Enciclica Laudato Si, sono forse l'unica chance che
abbiamo. Che non è un tradimento delle nostre convinzioni
“arruolarci” nelle file di un movimento che ha questo “manifesto
per il XXI” come richiamo.
Non piacerà
se sento di dover lanciare un appello al mio mondo, laico e di
sinistra.
E
cioè che di fronte ai tamburi di guerra, all'imbarbarimento di
quelli senza pietà
e all'indifferenza
dominante, occorre cogliere nel Giubileo della “misericordia”
qualcosa anche di nostro, e nelle migliaia di iniziative e di
mobilitazioni che determinerà, non un “fastidio”, ma una
occasione unica, anche nostra, di esserci, di partecipare e di
mobilitazione. Un anno quello del Giubileo, in cui è doveroso
costruire un ponte con i credenti, per dare vita assieme a un
indispensabile grande movimento di resistenza alla Terza guerra
mondiale, per la Pace con l'umanità e la natura e....per
l'Egalitè e la Fraternitè
sparite dai nostri “valori”
laici e
occidentali.