A chi non è
capitato di leggere od ascoltare almeno una volta, tra i banchi di
scuola, l’ Articolo 3 della Costituzione Italiana che recita:
“Tutti i cittadini hanno hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali….”?
La tendenza
dell’uomo ad etichettare, escludere, categorizzare ha avuto
influenze nefaste nel corso della storia, spingendo gli uni contro
gli altri, determinando guerre e conflitti, schiavitù, orrori e
massacri.
Il 10 dicembre del
1948 a Parigi l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e
proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: ogni
stato di diritto avrebbe assicurato la
salvaguardia ed il rispetto dei diritti
umani e delle libertà
individuali, e avrebbe posto le proprie fondamenta sui principi
di uguaglianza, giustizia
ed equità.
Gli oltre 70 milioni
di morti della Seconda Guerra Mondiale costituivano un tributo
terrificante, il Mondo Civile voleva voltare pagina e scrivere un
nuovo capitolo di pace ed armonia.
Nel 1960, Cassius
Clay Mohamed Ali gettò nel fiume la medaglia d’oro di pugilato
vinta alle Olimpiadi di Roma: tornato a casa sua a Louisville, nel
Kentuchy, non potè fare colazione in un bar in quanto dedicato ai
soli cittadini bianchi.
E se l’apartheid,
la politica di segregazione razziale in Sudafrica, è perdurato fino
al 1993, molti paesi vivono ancora oggi la medesima condizione.
In Italia la
situazione è certamente molto diversa, ma non possiamo dire d’aver
compiuto grandi passi avanti per es. sul tema della cittadinanza, che
l’Impero Romano garantiva ad ogni cittadino residente entro i
confini territoriali dello Stato che, all’epoca, dominava un quarto
della popolazione mondiale. Oggi tra dispute parlamentari e proposte
di legge, lo ius soli
è entrato in vigore solo parzialmente.
Negli ultimi anni
abbiamo assistito al proliferare del populismo politico, delle
cassandre visionarie, dei profeti della paura. Se negli anni ’60-70
il problema erano i “terun” che emigravano verso il nord Italia
rubando il lavoro agli autoctoni, negli anni ’90 hanno lasciato il
posto agli immigrati da paesi esteri.
L’accanimento di
alcune forze politiche e di alcuni media è oggi concentrato verso
una categoria ben precisa: i musulmani.
Autoctoni o di
origine straniera, i musulmani nel Belpaese sono circa 2 milioni,
lavorano e contribuiscono al mantenimento dello Stato che da loro
riceve più di quanto spende.
A inizio 2015 la
Regione Lombardia ha attuato una legge che presenta tratti evidenti
di incostituzionalità, la famosa Legge 12 definita “Anti-moschee”,
perché mira ad impedire la costruzione di luogo di culto musulmani.
La legge è già stata impugnata dal Governo e la sentenza è
prevista a metà del 2016.
Confermando la
propria vocazione, il Presidente della Regione Lombardia Maroni ha
approvato un regolamento che vieta l’ingresso a volto coperto nei
luoghi pubblici, facendo riferimento ad una Legge già esistente, la
n° 152 del 22 maggio 1975 che dice: “È
vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto
a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo
pubblico o aperto al pubblico,
senza
giustificato motivo”.
Il
6 maggio del 2009 i deputati Sibai e Contento hanno presentato una
proposta di legge con la quale volevano venisse integrato l’art. n°
152: “Al
primo comma dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e
successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«È altresì vietato, al fine di cui al primo periodo, l'utilizzo
degli indumenti femminili in uso presso le donne di religione
islamica denominati burqa
e niqab»”.
È
chiaro ed evidente che una certa classe politica manifesta un palese
accanimento nei confronti della comunità islamica italiana, negando
de facto
ai cittadini musulmani la possibilità di poter professare la propria
religione in maniera dignitosa, e addirittura approvando regolamenti
che vogliono colpire quella minoranza.
La
“Legge anti-niqab” vuole impedire alle donne musulmane che
portano il niqab, il velo che copre il viso lasciando scoperti solo
gli occhi, l’accesso ai luoghi pubblici.
Partendo
da un semplice calcolo statistico (le donne che indossano il niqab in
Lombardia si contano sulle dita di una mano), non è ben chiaro per
quale motivo in regione abbiano voluto rimarcare un principio che già
fa parte del nostro ordinamento giuridico e che è sempre stato
applicato con la regola del buonsenso.
Si
vuol far passare l’idea che un certo abbigliamento è pericoloso, e
che chi lo indossa può perseguire scopi violenti, sulla base della
squallida equazione musulmani
= terroristi.
Ogni
individuo ha il diritto di vestirsi come ritiene opportuno, nei
limiti della decenza, ben vengano i controlli a random (come le
postazioni dei carabinieri lungo le grandi vie di esodo), chi non ha
nulla da nascondere non avrà problemi a mostrare il proprio
documento di riconoscimento, col volto celato o scoperto, ma davvero
non abbiamo bisogno di questo clima di sospetto e diffidenza.
Bob
Marley due giorni prima di un importante concerto fu ferito in un
attentato; ciò non lo scoraggiò ed il 5 dicembre 1976 si esibì
davanti ad una folla oceanica. Quando
qualcuno gli chiese perchè avesse cantato quella sera lui rispose
con quella che divenne una delle sue frasi più celebri: “Perché
le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si
concedono un giorno libero… Come potrei farlo io?!“.
Dio
dice nel Corano: “O uomini, vi abbiamo
creato da un maschio e da una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e
tribù, affinchè vi conosceste a vicenda”.
E forse, supereremo il pregiudizio.