domenica 13 dicembre 2015

La situazione odierna in Medioriente e le prospettive possibili nel conflitto israelo-palestinese



di Monica Macchi



LECTIO MAGISTRALIS DI GIDEON LEVY



Israele è come certi maestosi alberi del New England in Usa,

che sembrano solidissimi e forti, ma crollano all’improvviso,

perché sono marci dal di dentro.

Ecco la società israeliana è ormai persa,

ma dalle vostre società civili può arrivare una scossa,

attraverso il boicottaggio e altre iniziative”

Gideon Levy



Mercoledì scorso alla Casa della Cultura di Milano, organizzata dall’Associazione Oltre il Mare e senza patrocini istituzionali, la conferenza stampa del pomeriggio è andata deserta ma all’incontro serale con Gideon Levy la sala era strapiena per ascoltare una versione lontana dal pensiero unico mainstream…eccola anche a voi:
 
Figlio di rifugiati europei, giornalista di Ha’aretz e di Internazionale, Gideon Levy si autodefinisce come il tipico prodotto del sistema socio-educativo israeliano: convinto dello status di vittima obbligata ad una difesa permanente, non ha mai sentito parlare della Nakba fino agli anni ‘80 quando, durante la Prima Intifada, va in Cisgiordania come inviato e scopre “il dramma nel cortile dietro casa”, dramma che pochi giornalisti documentano. Ed è proprio per questo ha iniziato e continua a denunciare i crimini commessi ai danni dei palestinesi: “ci sarà un giorno in cui ci verrà chiesto conto di tutto questo. Ed è giusto che ne resti memoria. Gli israeliani non sono consapevoli e non sono informati, ma non potranno dire ‘io non sapevo’”.



Il filo conduttore di questo intervento è la domanda di apertura che Levy fa al pubblico e a sé stesso: “Perché un popolo generoso come gli israeliani che danno spesso aiuti nelle calamità internazionali (come è successo recentemente dopo il terremoto in Nepal e con i rifugiati siriani ospitati nelle sinagoghe di diversi Paesi) non ha dubbi morali e non protesta per il dramma e i crimini che stanno compiendo contro i Palestinesi?”

La risposta parte dalla constatazione che Israele è l’unico Stato al mondo con 3 regimi al suo interno: una democrazia liberale per gli ebrei (seppur resa debole e fragile da una legislazione anti-democratica); un regime discriminatorio per la minoranza palestinese (20% della popolazione) che partecipa solo formalmente; un regime totalitario e di apartheid nei Territori Occupati Militarmente. Dunque la prima cosa da fare è sfatare il mito di “Israele unica democrazia del Medio Oriente”: una democrazia non può essere “a metà” solo per un gruppo privilegiato di cittadini; o c’è uguaglianza o non c’è democrazia. E la seconda immagine iconica da abbattere è “l’eccezionalismo”: dall’unicità della Shoah per cui gli ebrei sono le uniche vittime della Storia..e anzi sono vittime anche degli occupati che impongono loro l’occupazione (Golda Meir è arrivata a dire non perdoneremo mai i Palestinesi per averci obbligato a uccidere i loro figli”) fino alla convinzione di essere il “popolo eletto” per cui le norme del diritto internazionale valgono solo per gli altri popoli e non si applicano agli ebrei che hanno invece un diritto di origine divina la cui fonte è direttamente nella Bibbia. Parallelamente si sta assistendo anche da parte dei media ad una deumanizzazione e criminalizzazione dei Palestinesi rappresentati come sub-umani (quindi obtorto collo non si possono neppure applicare i diritti umani a “loro”); sono “intrinsecamente cattivi”, “nati per uccidere” e la recente “Intifada dei coltelli” viene raccontata come se accoltellare ebrei fosse il nuovo hobby degli adolescenti palestinesi… esattamente come altri adolescenti collezionano farfalle, figurine o francobolli.

Gideon Levy non vede quindi una possibilità di cambiamento endogena nella società israeliana, che negli anni è diventata sempre più nazionalista, razzista e militarista e delegittima voci coraggiose ed impegnate come quella di “Breaking the silence”, un’associazione che raccoglie e diffonde testimonianze di soldati sui crimini dell’occupazione. Ripone invece speranze in variabili esogene, non tanto nell’Europa troppo paralizzata dal suo passato e dalla sua storia né negli Stati Uniti che danno un supporto cieco ed automatico a Israele al punto tale che Gideon Levy chiede provocatoriamente: “chi è il burattino e chi la super-potenza?” ma nel Sud-Africa… o meglio nel modello del Sud-Africa. Infatti dopo un viaggio a Johannesburg, si è reso conto che l’apartheid è stato sconfitto dal boicottaggio e dal fatto che i responsabili siano stati chiamati a render conto dei loro comportamenti: solo la giustizia può disinnescare l’odio. E ha cambiato idea sull’ipotesi dei 2 Stati, di cui è stato a lungo sostenitore. Visto che è dal 1967 che esiste un unico Stato ma il problema è il regime, propone di applicare il principio “una testa, un voto” perché “Israele non avrà altra scelta che accettare o essere costretta ad ammettere di praticare l’Apartheid. E chi è disposto ad accettarlo nel 2015?”.