Lei,
Suha Al Hussein, 22 anni. Lui, Omar Jneid, 33 anni. Tre figli e uno
in arrivo. Scappano, insieme al padre anziano di Omar, dalla Siria,
dall'inferno. Su un barcone arrivano in Italia, a Perugia, ma non
fanno richiesta di asilo perchè vorrebbero raggiungere altri parenti
in Germania. Ma il loro sogno si infrange in Svizzera quando alcuni
poliziotti fermano 36 profughi e li riaccompagnano forzatamente alla
frontiera di Vallorbe.
Qui
inizia il calvario della giovane donna: si sente male, ma viene
portata, come gli altri, in un centro di identificazione e chiusa in
una cella per quattro ore. Le si rompono le acque. Il marito chiede
aiuto o l'intervento di un medico, ma il viaggio ricomincia. I
profughi, compresa Suha, vengono caricati su un treno e rispediti in
Italia. Tutto questo è accaduto lo scorso 4 luglio.
All'arrivo
a Domodossola, gli agenti prestano i primi soccorsi, poi la donna
viene trasferita in ospedale, ma ormai la bambina che portava in
grembo è morta.
La
famiglia Hussein è intenzionata a chiedere giustizia: vuole
denunciare la Polizia elvetica, quella francese e si rivolgerà anche
alle Nazioni Unite. Il Parlamento italiano ha avviato
un'interrogazione ed è stata aperta un'inchiesta.
Il medico
italiano che ha preso in cura la donna ha affermato: “ Se la donna
fosse stata aiutata in Svizzera, si sarebbe potuto evitare la
disgrazia”.
Il caso di
Suha e del marito Omar ha riacceso i riflettori sulle pratiche dei
respingimenti e noi vi vogliamo riportare la storia di una
manifestazione.
#NoBordersTrain - La cronaca della giornata dai confini dell’Europa
Conquistato, violando in maniera collettiva la frontiera, il diritto a chiedere asilo senza essere respinti dalla Svizzera (già su www.meltingpot.it)
Il giorno seguente alla celebrazione della giornata mondiale del rifugiato, attivisti e migranti hanno raggiunto la stazione di Milano partendo in carovana da diverse parti d’Italia, per raggiungere con il No Borders Train il confine svizzero ed iniziare a dare concretezza a quell’asilo europeo invocato da molti ma ancora ostaggio degli egoismi nazionali degli stati, conquistando con la mobilitazione di poter presentare la domanda d’asilo senza essere respinti.
Una vittoria importante considerate le prassi arroganti con cui le autorità svizzere respingono i richiedenti verso l’Italia.
Una conquista materiale che assume un grande nella battaglia dello spirito della Carta di Lampedusa.
Dopo essersi concentrati all’esterno della Stazione di Milano nel primo pomeriggio gli attivisti e i rifugiati sono entrati ed hanno dato vita ad una conferenza stampa per spiegare, attraverso molti interventi, le ragioni dell’iniziativa.
Si sono poi recati ai binari, presidiati dalla polizia, per prendere il treno, denunciando la militarizzazione costante che accompagna il muoversi dei migranti e dei rifugiati.
Ai binari la polizia e la Digos hanno cercato di impedire l’accesso alle carrozze ma la determinazione dei manifestanti è stata più forte dei cordoni delle "forze dell’ordine" e tutti insieme sono saliti sul #noborderstrain" che è partito verso Chiasso.
All’arrivo del #noborderstrain in territorio elvetico la polizia di frontiera avrebbe voluto dividere gli italiani dai rifugiati che secondo le autorità dovrebbero essere rinchiusi in strutture ad hoc ma i manifestanti compatti hanno continuato a restare tutti insieme ed imporre che la domanda d’asilo fosse accettata senza restrizioni della libertà.
Dopo ore di protesta, occupato con interventi e slogans la stazione elvetica il #noborderstrain ha raggiunto una grande conquista: si è ottenuto di poter presentare la domanda d’asilo senza essere respinti.
I manifestanti hanno lasciato la stazione in corteo per andare ad accompagnare i richiedenti asilo e raggiungere una festa etica in cui sono stati salutati da slogans e applausi e poi il #noborderstrain è ripartito verso Milano.
In serata intanto ad Ancona gli attivisti delle Ambasciate dei diritti hanno riaperto le reti del Porto dando vita ad iniziative proprio in una zona, oggi sottratta ai cittadini anconetani per nascondere gli altri respingimenti, quelli che l’Italia continuamente pratica nei confronti di chi fugge dalla Grecia.
Una giornata di lotta, nello spirito della Carta di Lampedusa , che dopo l’occupazione dei consolati, continua un percorso di lotta europea verso il 26 e 27 giugno quando mentre il Consiglio europeo si riunirà a Bruxelless per discutere di frontiere, pattugliamenti e nuove regole operative, arriverà nella capitale belga la “Marcia dei rifugiati” .
Un commento con Nicola Grigion alla conclusione dell’importante giornata di mobilitazione che si inserisce nelle mobilitazioni europee.