Giorgio
Fontana, autore giovane, ma con al suo attivo già molte opere di
successo. Il suo ultimo lavoro letterario si intitola Morte
di un uomo felice , edito
da Sellerio, ed è il romanzo vincitore del Premio Campiello 2014.
Milano, estate 1981: siamo nella
fase più tarda, e più feroce, della stagione terroristica in
Italia. Non ancora quarantenne, Giacomo Colnaghi a Milano è un
magistrato sulla linea del fronte. Coordinando un piccolo gruppo di
inquirenti, indaga da tempo sulle attività di una nuova banda
armata, responsabile dell’assassinio di un politico democristiano.
Il dubbio e l’inquietudine lo accompagnano da sempre. Egli è
intensamente cattolico, ma di una religiosità intima e tragica. È
di umili origini, ma convinto che la sua riuscita personale sia la
prova di vivere in una società aperta. È sposato con figli, ma i
rapporti con la famiglia sono distanti e sofferti. Ha due amici
carissimi, con i quali incrocia schermaglie, il calcio, gli
incontri nelle osterie.
Dall’inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un’azione partigiana. Quel padre che la famiglia cattolica conformista non poté mai perdonare per la sua ribellione all’ordine, la cui storia eroica Colnaghi ha sempre inseguito, per sapere, e per trattenere quell’unica persona che ha forse amato davvero, pur senza conoscerla.
L’inchiesta che svolge è complessa e articolata, tra interrogatori e appostamenti, e andrà a buon fine. Ma la sua coscienza aggiunge alla caccia all’uomo una corsa per capire le ragioni profonde, l’origine delle ferite che stanno attraversando il Paese. Anche a costo della sua stessa vita.
Dall’inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un’azione partigiana. Quel padre che la famiglia cattolica conformista non poté mai perdonare per la sua ribellione all’ordine, la cui storia eroica Colnaghi ha sempre inseguito, per sapere, e per trattenere quell’unica persona che ha forse amato davvero, pur senza conoscerla.
L’inchiesta che svolge è complessa e articolata, tra interrogatori e appostamenti, e andrà a buon fine. Ma la sua coscienza aggiunge alla caccia all’uomo una corsa per capire le ragioni profonde, l’origine delle ferite che stanno attraversando il Paese. Anche a costo della sua stessa vita.
Abbiamo
avuto l'opportunità di fare questa breve intervista all'utore che
ringraziamo molto.
C'è
una data importante nel romanzo: il 1981. E' anche la sua stessa data
di nascita. Si tratta solo di una coincidenza?
In effetti sì: la data della morte di
Giacomo Colnaghi era stata decisa nel romanzo precedente, "Per
legge superiore", dove compariva come personaggio minore — ma
non per questo meno importante. Mi sembrava un anno adeguato dal
punto di vista storico, e così l'ho scelto.
Perchè ha sentito l'esigenza di
scrivere questa storia?
Mi è sempre terribilmente difficile
rispondere a questo domanda. Per me non c'è una ragione o
un'esigenza identificabile che spingono a raccontare una storia o un
personaggio, se non l'amore per quella storia e per quel personaggio.
Tutto qua.
Come si è documentanto per la stesura
del libro?
Ho studiato molto. Non avendo vissuto
quegli anni, ho sentito particolarmente la responsabilità di
ricostruirli nella loro complessità. Certo, ho scelto di raccontare
solo una delle tante storie possibili; ma per farlo era necessario
avere uno sfondo di conoscenze accurato. E così ho passato diverso
tempo sui libri, sugli archivi dei giornali, a guardare filmati
dell'epoca... E naturalmente anche a girare per Milano.
Quanto è importante, oggi, una
riflessione sul tema dell giustizia?
Credo sia sempre importantissima; non
solo sulla giustizia procedurale ma anche e soprattutto sulla
giustizia sociale, la cui situazione in Italia è particolarmente
spaventosa. Per quanto mi riguarda, cerco di tenere distinta la mia
attività di narratore da quella di — uso questa parola molto
ambigua — "intellettuale" militante. È vero che gli
ultimi due miei romanzi si interrogano sulla giustizia, ma per me è
fondamentale innanzitutto raccontare i singoli, non tanto i grandi
temi.
Anche il tema della Fede è
centrale...
Pur essendo ateo, mi è piaciuto
rappresentare Colnaghi come un uomo di fede — ma dotato di una fede
tormentata, intima, che lo porta continuamente a interrogarsi su
quello che fa e quelli che invece sono i suoi limiti.