di
Monica Macchi
E’
un dato innegabile che le donne abbiano raccontato la guerra, sia
come giornaliste che come fotografe, a partire dalla secessione
americana, ma come? Portando le loro specificità consolidando così
un’ottica di genere oppure no? Questo è stato il tema di una
tavola rotonda che si è tenuta il 24 settembre scorso, a Milano,
presso l'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale)
dedicata, appunto,
ai conflitti raccontati dalle donne.
Da
un punto di vista storico, come sottolineato da Valeria Palumbo, la
partecipazione delle donne alla Prima Guerra Mondiale ha portato a un
enorme cambiamento in quanto si è smesso di declinare il concetto di
violenza in termini eroici. Attualmente, invece, la presenza delle
donne permette una maggiore accessibilità alla componente femminile:
per esempio, Lucia Goracci ha raccontato un episodio accaduto a
Misurata, in Libia, in cui era l’unica giornalista e l’unica che
ha potuto realizzare interviste perché gli uomini hanno concesso
l’autorizzazione a parlare solo auna giornalista donna con un'altra
donna. Tra donne, infatti, è sicuramente più facile entrare in
confidenza e raccogliere storie.
Ma
il vero discrimine sta nella scelta delle all-news perché gli
aggiornamenti costanti portano a inseguire la cronaca e a non
approfondire le conseguenze e l’impatto sulla quotidianità dei
civili e sui diritti acquisiti; e del resto quando la crisi si
cronicizza i media italiani latitano...forse perchè mentre sempre
più donne vanno sui fronti di guerra, a capo delle redazioni ci sono
sempre e comunque uomini ?!?