di
Monica Macchi
L’organo
di rappresentanza delle istituzioni culturali israeliane ha chiesto a
tutti gli artisti, scrittori, sindacati e istituzioni ed
organizzazioni culturali, di riunirsi e decidere come mobilitarsi
contro le politiche culturali del nuovo governo israeliano e in
particolare contro il ritiro dei finanziamenti e le minacce di
sanzioni nei confronti di due storici teatri arabo-israeliani.
Ha
iniziato la Ministra della Cultura e dello Sport, Miri
Regev, che
ha minacciato di togliere i finanziamenti a un teatro di Jafa
se il
suo direttore arabo-israeliano, continuerà a rifiutarsi di
partecipare a produzioni al di là della Green Line, e ha continuato
il ministro dell'Istruzione Naftali
Bennett
che ha ritirato il finanziamento
a “Tempo Parallelo”, uno spettacolo teatrale ispirato alla
vicenda di Walid
Daka. Il
6 agosto 1984, alla vigilia del digiuno di Tisha B'Av, il soldato
Moshe Tamam viene rapito vicino a Netanya e ritrovato morto pochi
giorni dopo. Per questo omicidio sono condannati all'ergastolo (pena
poi ridotta a 37 anni dal presidente Shimon Peres nel 2012) quattro
arabi israeliani, affiliati al FPLP (Fronte Popolare per la
Liberazione della Palestina) tra cui appunto Daka che nel frattempo,
si è laureato in legge, ha pubblicato un libro su “Ridefinire la
tortura”, scrive editoriali per diversi giornali e nel 1999, è
stato il primo prigioniero palestinese che ha avuto il permesso di
sposarsi in carcere e ha fatto una lunga battaglia legale per
ottenere il permesso sponsale. E proprio da questo punto (e spunto)
parte lo spettacolo teatrale che attraverso i tentativi dei suoi
compagni di cella di contrabbandare materiali per costruirgli un oud
come regalo di nozze, vuole raccontare la vita quotidiana dei
detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Lo spettacolo nasce da
esperienze di laboratori teatrali del regista Bashar Murkus che ha
raccolto interviste e scritti di vari prigionieri quindi sia il
regista che Adnan Tarabash, il direttore del teatro, hanno
rivendicato la libertà artistica sottolineando che il pezzo è un
adattamento e hanno minacciato azioni legali perché “dire
che Walid Daka ha dettato la sceneggiatura è pura diffamazione”.
Inoltre il direttore del teatro ha denunciato che la famiglia Tamam,
alcune associazioni e politici locali stanno strumentalizzando e
fomentando dolore e lutti per mettere a tacere Al-Midan un teatro
“scomodo” che attraverso la voce araba solleva questioni
fondamentali per la società israeliana. E non solo Adnan ha
provocatoriamente chiesto se “Siamo
forse in un regime totalitario?”
ma anche Zahava Gal, leader del partito di sinistra Meretz, ha
sostenuto che “la
cultura in Israele è in pericolo perché la volontà di imbavagliare
chi non si allinea col regime è un chiaro segno di una deriva
fascista dello Stato”.
Da parte sua la ministra Regev
ha
ammonito che “è
giunto il momento di porre fine ai filmati sulla Nakba e sul diritto
al ritorno, bisogna smettere di finanziare organizzazioni che
sostengono il terrorismo e il tradimento, fissando linee guida chiare
in materia di istruzione, cultura e sport”.
Ma
non è solo il teatro ad essere nel mirino del governo: è di pochi
giorni fa la notizia che verrà istituita una commissione per
valutare se “Beyond the Fear”, una co-produzione
israelo-lettone-russa ha i requisiti per partecipare al Jerusalem
Film Festival festival. Il regista è Herz Frank, figura fondamentale
del documentario poetico della scuola di Riga che ha costruito questo
suo lavoro su Ygal Amir, l’assassino di Itzak Rabin, attraverso
interviste con la moglie Larissa Trimbobler.