Yahya
Hassan ha solo diciotto anni e ha le idee molto chiare. Non sopporta
l'ipocrisia. Non tollera l'ipocrisia dell'Islam - la sua ex religione -
e nemmeno quella dell'Occidente.
Il
ragazzo vive in Danimarca, ma è di origini palestinesi: la sua è
una famiglia trapiantata in nord Europa, una famiglia palestinese che si è
spesso macchiata di un'educazione rigida e violenta, donne umiliate,
furti, droga e altro ancora. Una famiglia che ora vive in un Paese
aperto, laico e ricco dove, però, anche qui spesso viene a mancare
la comunicazione per lasciare il posto alla dannata globalizzazione.
Hassan
ha deciso di esprimere il proprio dissenso attraverso il linguaggio
della poesia: un linguaggio spesso feroce e irriverente, tanto
caustico che il giovane autore è stato vittima di un'aggressione in
una stazione di Copenaghen, i fondamentalisti gli hanno lanciato una
fatwa e ora vive sotto scorta. I suoi versi sono raccolti nel testo,
edito da Rizzoli, che prende il titolo dal suo stesso nome: caratteri
bianchi e grandi su sfondo nero per essere il più chiaro possibile.
Chiare,
nelle sue liriche, sono le sue opinioni: la Danimarca è il Paese di
quelle vignette di Kurt Westergaard che, nel 2005, scatenarono un
inferno e per poco una guerra; la Danimarca è il Paese dei grandi
magazzini Fakta e del commercio; è un Paese a volte accogliente, a
volte ancora poco inclusivo nei confronti degli stranieri,
soprattutto se di fede musulmana. Ma poi c'è una durissima critica
proprio verso questa religione, di cui Hassan mette in evidenza tutte
le contraddizioni: è una religione che non sta al passo con i
cambiamenti della modernità oppure è una religione che vieta di
cibarsi di maiali, ma accetta che l'uomo sia aggressivo verso mogli e
figli.
Il testo
fa riflettere anche sul fatto che molti ragazzi di origini straniere
non parlano la lingua del Paese dei loro genitori, non conoscono la
storia e la cultura di quel Paese e questo provoca una frattura
insanabile con alcuni problemi di identità.
Molte,
quindi, le questioni di attualità affrontate dal codice narrativo
poetico. La scelta di questo modo di comunicare è dovuta al fatto
che, quando era più piccolo, l'autore si era avvicinato al rap -
quel mix di parole ritmate tanto care ai giovani che hanno urgenza di
esprimere il loro desiderio di ribellione e la loro critica verso ciò
che li circonda - ma per Hassan era poco convincente e troppo
superficiale. E, forse, per alcuni anche le sue considerazioni sono
superficiali, ma il ragazzo è ancora giovane e non è detto che
tutto ciò che scrive sia solo uno sfogo. Leggiamolo, quindi, con
attenzione e poi ognuno deciderà come interpretare quei versi.