Mare
Nostrum: non come bene comune, ma nel senso in cui ne parlava
Mussolini. Un mare che serviva a colonizzare, a schiavizzare, ad
assoggettare. E in quello stesso mare, esattamente un anno fa, il 3
ottobre 2013, sono morte tante, troppe persone: uomini, donne,
ragazzi, bambini.
Forse
pochi ricordano che la maggior parte di loro proveniva dall'Eritrea,
proprio uno dei Paesi dell'Africa orientale vittima delle manie
imperialiste, ma così legato all'Italia per la cultura che, per
anni, ha caratterizzato le sue città: scuole, monumenti, lingua,
letteratura...Quanti eritrei hanno sognato il Belpaese negli anni del
Fascismo e quanti, oggi, tentano di venire qui, sognando un futuro
migliore, un futuro libero da una nuova, contemporanea dittatura. Ma
molti di loro, quel 3 ottobre di un anno fa, non ce l'hanno fatta:
sono naufragati, anonimi, in quelle acque che dovevano significare
salvezza.
Cosa è
cambiato da allora? Frontex si è inasprita, militarizzando terra e
mare, invece di aprire corridoi umanitari e ai funerali è stato
ufficialmente invitato l'ambasciatore eritreo in Italia,
probabilmente complice del dittatore Isaias Afewerki. Quindi poco è
cambiato, anzi.
A
proposito dei funerali: le commemorazioni delle vittime non sono
state fatte a Lampedusa, come logico che fosse, ma ad Agrigento;
erano stati annunciati i funerali di Stato, che non sono stati mai
effettuati; ma, soprattutto, non sono stati invitati i parenti e gli
amici di tutte quelle persone che erano fuggite per cercare rifugio.
Nessun rifugio in vita, nessun rispetto in morte.
A loro e
ai loro parenti - di cui si stanno cercando le generalità, per dare
degna sepoltura ai loro cari - dedichiamo queste poche righe. Perchè
almeno la Memoria serva da monito.