L’Associazione
per i Diritti Umani presenta il libro
“Ferite
di Parole. Le donne arabe in rivoluzione” di
Leila
Ben Salah
e Ivana
Trevisani
22
OTTOBRE 2014 ore 19.00
Bistrò
del tempo ritrovato, via Foppa 4 (MM2 Sant’Agostino), Milano
Alla
presenza dell’autrice Ivana
Trevisani,
di Gihen
ben Mahmoud,
artista tunisina e di Monica
Macchi,
arabista e redattrice di Formacinema
La
tesi centrale del libro è lo spostamento del materno dalla
dimensione privata ad una dimensione pubblica: inizialmente le donne
sono entrate nella rivoluzione come “madri di” o “mogli di”
nella duplice funzione di prendersi cura di qualcuno o protestare
contro le ingiustizie. Ben presto però sono passate ad essere donne
in prima persona con molteplici
sfaccettature:
uno dei personaggi-simbolo è Umm Khaled, la madre di Khaled Said, il
giovane massacrato dalla polizia ad Alessandria (una delle scintille
che hanno portato allo scoppio della rivolta del 25 gennaio in
Egitto) e che è stata presente a tutte le manifestazioni ed ai
concerti per dar forza e sostegno ai manifestanti. Un altro è la
madre di Mohamed Bouazizi, il giovane morto per essersi dato fuoco
dopo l'ennesima multa-sopruso per irregolarità del suo lavoro di
venditore ambulante, (una delle scintille della rivolta tunisina),
che non si è costituita parte civile nel processo contro l'agente
di polizia municipale che aveva multato il figlio, ritenendola capro
espiatorio del regime.
Le
donne sono così entrate nel dibattito sul concetto di identità e
gli artisti hanno dato il loro contributo ricordando sia l’identità
storica che le tante diverse componenti (copta, ebraica, greca,
italiana nella Alessandria cosmopolita di Yusef Chahine) come
dimostrano i murales del Cairo. Una rivoluzione non “di genere”
intesa solo come questione femminile ma sostenuta e accompagnata
dagli uomini. La reazione del regime ha utilizzato lo stesso
strumento di sempre: la paura attraverso le molestie sessuali con la
precisa funzione politico-strategica di ricacciare le donne nel
privato. Un ritorno al passato che non c’è stato e non ci sarà,
né in Egitto né in Tunisia. Due segnali su tutti: le manifestazioni
del 13 agosto 2012 in Tunisia, contro l’articolo della Costituzione
che sanciva la “complementarietà” della donna rispetto all’uomo
e Samira la ragazza che ha denunciato i test di verginità in Egitto,
supportata dal padre.