giovedì 9 ottobre 2014

CIE: una vergogna!


 
di Alessandra Ballerini, legale genovese, da anni impegnata nella tutela dei diritti dei migranti e autrice del saggio La vita ti sia lieve. Storie di migranti e di altri esclusi, edito da Melampo.


Ringraziamo tantissimo la dott.ssa Ballerini per questo suo contributo.
 
 


Parlare della riapertura di un Cie oggi, dopo la pubblicazione del rapporto della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, è compito decisamente più semplice.
Nel rapporto viene ribadito quello che qualsiasi esperto del settore già sa o quanto meno sospetta: nei Cie la dignità umana non è garantita.
"La popolazione delle persone trattenute appare eterogenea da un punto di vista sociale, psicologico, sanitario e giuridico e difficilmente gestibile in centri chiusi verso l'esterno, strutturalmente afflittivi, spesso inadeguati nei servizi offerti e con scarsi mezzi di gestione... Dall'indagine svolta.. sono emerse numerose e profonde incongruenze riguardo alle funzioni che essi dovrebbero svolgere, e ciò in ragione di rilevanti insufficienze strutturali, nonché di modalità di trattenimento inadeguate rispetto alla tutela della dignità e dei diritti degli interessati" (Rapporto approvato in Commissione il 24 settembre 2014).
Tanto basta non solo ad opporsi anima e corpo all’apertura di nuove o vecchie strutture ma anche a chiedere l'immediata chiusura di quelle ancora aperte.
Peraltro già il Tribunale di Crotone nel dicembre 2012 aveva assolto tre cittadini stranieri imputati per aver, nel corso di una rivolta, danneggiato la struttura dove erano trattenuti, in quanto “è risultato che gli imputati sono stati trattenuti.. in strutture che nel loro complesso sono al limite della decenza, intendendo tale ultimo termine nella sua precisa etimologia, ossia di conveniente alla loro destinazione: che è quella di accogliere esseri umani: e si badi, esseri umani in quanto tali, e non in quanto stranieri... Tali condizioni risultano lesive della dignità umana soprattutto se si tiene conto che si tratta di persone la cui libertà non è stata compressa come conseguenza della commissione di un reato e che sono state costrette ad abbandonare i loro Paesi di origine per migliorare la propria condizione.”
I Cie sono lesivi della dignità umana.
E sono anche inutili e costosissimi.
Inutili perché nel 2013 sono stati rimpatriati in seguito al trattenimento solo lo 0,9 % del totale (stimato) dei migranti irregolari.
Costosissimi perché, seppure sul tema spese non ci sia la benché minima trasparenza, in base ai calcoli effettuati dall'associazione Lunaria, si stima siano non meno di 55 milioni annui le spese di gestione dei Cie. Ma a queste vanno aggiunti i costi di manutenzione straordinaria nonché i costi relativi al personale delle forze dell'ordine impiegato nelle operazioni di sorveglianza e rimpatrio.
I Cie poi, a dirla tutta, sono pure incostituzionali anche perché le strutture e le modalità di trattenimento non sono indicate o stabilite per legge come impone il perfetto art. 13 Costituzione ma disposto dal Viminale o dai Prefetti.
Se a un qualunque individuo normodotato spiegassimo che ci sono luoghi in Italia che costano tantissimo, non servono a nulla, dove le persone vengono rinchiuse per mesi (fino a un massimo di 18) non per quello che fanno ma per quello che sono e che in più in questi posti viene sistematicamente violata la dignità umana, l'uomo medio ti implorerebbe di chiuderli subito.
I nostri amministratori invece, ignorando rapporti, buon senso, sentenze e norme della Costituzione, vogliono riaprire quelli già chiusi.
Senza neppure considerare che i cinque Cie (sugli undici presenti) attualmente funzionanti sono pure semivuoti tanto che a luglio di quest'anno il ministro Alfano dava per disponibili nei centri già aperti almeno 500 posti.
Viene da domandarsi perché qualcuno voglia ancora aprire dei Cie.
E viene da ribellarsi.
Un signore qualche giorno fa, durante la visita al Cie di Pian del Lago per la Campagna LasciateCie Entrare si lamentava di un giornalista che, seppure da lontano, lo stava riprendendo: "non voglio che i miei figli possano vedermi cosi, in gabbia, mi vergogno".
La vergogna in realtà è solo nostra, che costruiamo gabbie per migranti e leggi che ne consentono la "detenzione amministrativa".
E la vergogna dovrebbe sommergere chi anche solo pensa di (ri)aprirne ancora.