martedì 5 maggio 2015

La trattativa Stato - mafia: il diritto alla legalità e il diritto alla conoscenza dei fatti




Un film forte e preciso: si tratta del lavoro di Sabina Guzzanti che ne La trattativa usa il suo piglio sagace e diretto per mettere sullo schermo il patto Stato-mafia, le stragi degli anni'90 e i rapporti, accertati, tra uomini politici e uomini di Cosa nostra.

Il film è stato presentato anche al Parlamento italiano, nelle scuole, in moltissime sale cinematografiche e ha ottenuto consensi, analisi e alcune critiche, come accade sempre quando il materiale trattato è controverso e tocca i punti deboli di un Paese.

Un gruppo di lavoratori dello spettacolo, in un teatro di posa, sceglie di realizzare uno spettacolo sui “patti” tra Stato e mafie, subito dopo gli attentati a Roma, Milano e Firenze. Un escamotage interessante, quello di inserire il teatro nel cinema, doppia “fiction” per dare doppia cornice a una realtà vera e drammatica. I personaggi (sul palco e sullo schermo) diventano investigatori che dipanano i passaggi fondamentali di vent'anni di (brutta) storia italiana: l'uccisione di Salvo Lima, il maxi processo, gli agguati a Falcone e Borsellino, le bombe, la strage fallita allo stadio Olimpico. E sfilano le figure confuse e contorte di: Ciancimino (padre e figlio), dei pentiti, di Dell'Utri, di Provenzano e di Berlusconi impersonato, ovviamente, dalla stessa Guzzanti.

Applaudito dal pubblico all'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, La trattativa denuncia il meccanismo del racconto filmico e il linguaggio utilizzato, un linguaggio composto da pannelli grafici, immagini di repertorio, docu-fiction, interviste, intercettazioni. Vengono mescolati, quindi, finzione e realtà, come detto, per dimostrare che, troppo spesso, la verità dei fatti supera la fantasia dei migliori sceneggiatori.

Il film si apre con il primo piano della regista che, guardando in camera, si rivolge direttamente agli spettatori: come a chimarci tutti in causa, uno per uno, per dirci di guardare in faccia le cose così come stanno, nonostante la parzialità delle informazioni e delle prove; per costringerci a non trovare alibi o scusanti nella nostra mancanza di coraggio nel lottare contro un sistema marcio e corrotto.

Gaspare Mutolo, in carcere, si converte e Spatuzza si iscrive a un corso universitario: sembra surreale e invece non lo è. E allora ci si può aspettare davvero di tutto e dobbiamo continuare ad aprire bene gli occhi e a non abbassare mai la guardia.



Dedichiamo questo post a Peppino Imapstato, vittima di un attentato mafioso il 9 maggio 1978.