sabato 9 maggio 2015

Siamo tutti complici: più di 20 mila migranti morti nel Mediterraneo in 15 anni, come puoi essere esule da responsabilità?



di Veronica Tedeschi



Un tribunale nazionale lo definirebbe omicidio intenzionale, un tribunale penale internazionale crimine contro l’umanità.

Se ricordiamo la definizione legislativa di quest’ultimo reato tutto sarà più chiaro: “Violazione deliberata e contraria della dignità della persona, dei diritti fondamentali di un individuo o di un gruppo di individui dovuta a motivi politici, ideologici, razziali o religiosi”; in questa definizione oltre allo sterminio, alla riduzione in schiavitù e ad altri fatti di altrettanta gravità, lo Statuto della Corte Penale Internazionale, all’art. 7 definisce crimine contro l’umanità anche “altri atti inumani (…) diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale”. Quello che sta succedendo in questi ultimi mesi nel Mediterraneo è perfettamente riconducibile a questa definizione e se si dovesse ricercare un colpevole, l’Unione Europea sarebbe seduta al banco degli imputati. I capi d’accusa sarebbero molteplici: omicidio, omissione di soccorso e violazione dell’integrità fisica nei confronti di persone in precedenza rifiutate dal loro continente, il primo a commettere violazioni di diritti umani e di norme internazionali a discapito dei suoi figli.

Per renderci conto della gravità di quanto detto, possiamo paragonare la protezione che queste persone ricevono in uno stato africano, magari quello d’origine, e in uno stato occidentale. In Kenya, nel campo profughi di Dabaab, il più grande campo del mondo, il cibo scarseggia e lo stato keniano fa di tutto per impedire una vera integrazione preferendo lasciare i rifugiati in una specie di limbo, una via di mezzo. Nel Regno Unito, dall’altra parte del mar Mediterraneo, Philip Hammond, ministro degli esteri britannico, nell’ottobre 2014 disse “Non sosterremo operazioni pianificate per la ricerca e il salvataggio nel Mediterraneo” o ancora, Daniela Santanchè il 19 aprile 2015 “Dobbiamo affondare le barche che trasportano i migranti. Un atto di guerra è meglio che perdere una guerra”.

Siamo tutti complici, non solo i politici ma anche noi cittadini perché dovremmo informarci e stare più attenti a cosa si dice anche a nostro nome. Ci siamo abituati a non ricordare il dovere morale e legale del salvataggio, bisogna avere il coraggio e la volontà di difendere gli esseri umani, non solo le frontiere. L’Europa non dà cenni di cambiamento di mentalità, e i paesi del sud Europa risultano i più oppressi da una politica europea che non funziona. Al fianco del sud Europa, i primi abbandonati restano sempre coloro che cercano la terra promessa, coloro i quali avrebbero la facoltà di stare seduti nel banco d’accusa per ottenere cifre ingenti di denaro per i danni che l’Unione Europea sta provocando.

L’Unhcr, l’Agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati, trasferisce da anni i profughi che scappano da zone di crisi in paesi sicuri per un periodo di tempo limitato e senza complesse procedure burocratiche per la richiesta d’asilo. Attualmente sta lavorano per trovare un posto adeguato ai flussi di questi ultimi giorni e, se l’Europa partecipasse seriamente a questo programma le cose potrebbero parzialmente migliorare. Unito a questo, a chi fugge dalla povertà e non solo dalla persecuzione politica bisognerebbe offrire la possibilità di emigrare per lavoro, per esempio con un permesso di soggiorno per migranti provenienti da paesi poveri. Facilitare le modalità di accesso diminuirebbe il traffico di esseri umani, scoraggerebbe i trafficanti e porterebbe a meno morti. La concessione di permessi di soggiorno anche per situazioni di questo genere è una proposta che è stata avanzata anche dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati che, insieme ad alcune organizzazioni umanitarie ha spiegato come si potrebbe procedere. Una posizione chiave nelle sue proposte torna all’Unione Europea che deve cambiare atteggiamento e, per esempio, concedere asilo anche attraverso le ambasciate, le quali eviterebbero viaggi mortali e diminuirebbero la commissione di un grave reato come la tratta di esseri umani.

L’opinione pubblica si sta muovendo, le persone iniziano a farsi una loro idea e questo potrebbe far sì che l’Europa senta il peso di dover dimostrare qualcosa e di conseguenza diventi meno cinica, sulla speranza che diventi più umana le speranze sono pochissime.