di Veronica Tedeschi
Un
tribunale nazionale lo definirebbe omicidio
intenzionale,
un tribunale penale internazionale crimine
contro l’umanità.
Se
ricordiamo la definizione legislativa di quest’ultimo reato tutto
sarà più chiaro: “Violazione deliberata e contraria della dignità
della persona, dei diritti fondamentali di un individuo o di un
gruppo di individui dovuta a motivi politici, ideologici, razziali o
religiosi”; in questa definizione oltre allo sterminio, alla
riduzione in schiavitù e ad altri fatti di altrettanta gravità, lo
Statuto della Corte Penale Internazionale, all’art. 7 definisce
crimine contro l’umanità anche “altri atti inumani (…) diretti
a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni
all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale”. Quello che
sta succedendo in questi ultimi mesi nel Mediterraneo è
perfettamente riconducibile a questa definizione e se si dovesse
ricercare un colpevole, l’Unione Europea sarebbe seduta al banco
degli imputati. I capi d’accusa sarebbero molteplici: omicidio,
omissione di soccorso e violazione dell’integrità fisica nei
confronti di persone in precedenza rifiutate dal loro continente, il
primo a commettere violazioni di diritti umani e di norme
internazionali a discapito dei suoi figli.
Per
renderci conto della gravità di quanto detto, possiamo paragonare la
protezione che queste persone ricevono in uno stato africano, magari
quello d’origine, e in uno stato occidentale. In Kenya, nel campo
profughi di Dabaab, il più grande campo del mondo, il cibo
scarseggia e lo stato keniano fa di tutto per impedire una vera
integrazione preferendo lasciare i rifugiati in una specie di limbo,
una via di mezzo. Nel Regno Unito, dall’altra parte del mar
Mediterraneo, Philip Hammond, ministro degli esteri britannico,
nell’ottobre 2014 disse “Non sosterremo operazioni pianificate
per la ricerca e il salvataggio nel Mediterraneo” o ancora, Daniela
Santanchè il 19 aprile 2015 “Dobbiamo affondare le barche che
trasportano i migranti. Un atto di guerra è meglio che perdere una
guerra”.
Siamo
tutti complici, non solo i politici ma anche noi cittadini perché
dovremmo informarci e stare più attenti a cosa si dice anche a
nostro nome. Ci siamo abituati a non ricordare il dovere morale e
legale del salvataggio, bisogna avere il coraggio e la volontà di
difendere gli esseri umani, non solo le frontiere. L’Europa non dà
cenni di cambiamento di mentalità, e i paesi del sud Europa
risultano i più oppressi da una politica europea che non funziona.
Al fianco del sud Europa, i primi abbandonati restano sempre coloro
che cercano la terra promessa, coloro i quali avrebbero la facoltà
di stare seduti nel banco d’accusa per ottenere cifre ingenti di
denaro per i danni che l’Unione Europea sta provocando.
L’Unhcr,
l’Agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati, trasferisce da anni
i profughi che scappano da zone di crisi in paesi sicuri per un
periodo di tempo limitato e senza complesse procedure burocratiche
per la richiesta d’asilo. Attualmente sta lavorano per trovare un
posto adeguato ai flussi di questi ultimi giorni e, se l’Europa
partecipasse seriamente a questo programma le cose potrebbero
parzialmente migliorare. Unito a questo, a chi fugge dalla povertà e
non solo dalla persecuzione politica bisognerebbe offrire la
possibilità di emigrare per lavoro, per esempio con un permesso di
soggiorno per migranti provenienti da paesi poveri. Facilitare le
modalità di accesso diminuirebbe il traffico di esseri umani,
scoraggerebbe i trafficanti e porterebbe a meno morti. La concessione
di permessi di soggiorno anche per situazioni di questo genere è una
proposta che è stata avanzata anche dall’Alto commissario delle
Nazioni Unite per i rifugiati che, insieme ad alcune organizzazioni
umanitarie ha spiegato come si potrebbe procedere. Una posizione
chiave nelle sue proposte torna all’Unione Europea che deve
cambiare atteggiamento e, per esempio, concedere asilo anche
attraverso le ambasciate, le quali eviterebbero viaggi mortali e
diminuirebbero la commissione di un grave reato come la tratta di
esseri umani.
L’opinione
pubblica si sta muovendo, le persone iniziano a farsi una loro idea e
questo potrebbe far sì che l’Europa senta il peso di dover
dimostrare qualcosa e di conseguenza diventi meno cinica, sulla
speranza che diventi più umana le speranze sono pochissime.