martedì 7 gennaio 2014

Bahar Kimyongur, di Monica Macchi




Dopo il Belgio, l'Olanda e la Spagna, è stata l’Italia a imprigionare Bahar Kimyongür, giornalista belga, autore di “Syriana, la conquête continue” e di “Le Livre noir de la “démocratie” militariste en Turquie e attivista per la pace. Bahar sembra essere diventato uno dei capri espiatori preferiti dal regime Erdogan che vuole condannarlo a 22 anni di carcere per aver protestato in Parlamento contro la pratica della tortura nelle carceri turche anche se l’accusa ufficiale è quella di “terrorismo” per aver tradotto dal turco al francese alcuni comunicati del DHKP-C, un gruppo comunista turco inserito tra le organizzazioni terroristiche dalla UE dopo l’11 settembre.

 

Portato in giudizio sulla base della legislazione anti-terrorismo del Belgio, è stato condannato in primo grado nel febbraio 2006 e in appello nel novembre 2006, poi assolto nel 2007 e nel 2009 a seguito delle sentenze di Cassazione che hanno annullato le sentenze precedenti. A suo sostegno è stato fondato il collettivo CLEA (Comitato per la Libertà di Espressione e Associazione) che promuove un dibattito critico sulle nuove legislazioni anti-terrorismo e sulle richieste di estradizione. Infatti la Turchia ha a più riprese richiesto l’estradizione di Bahar fino a questo momento negata dai giudici belgi perchè il Belgio non estrada i propri cittadini ma anche da quelli olandesi che lo hanno definito “un avversario politico” e per questo sulla base dell’articolo 3 della “Convenzione europea per l’estradizione” hanno rifiutato di estradarlo in Turchia. Infatti c’è un mandato internazionale di arresto dell’Interpol che non può essere annullato se non su richiesta di uno Stato (e il Belgio su questo non si è attivato) per cui in tutti gli altri Paesi può essere fermato su richiesta della Turchia: Bahar può essere arrestato ogni volta che passa un confine. E’ stato così arrestato in Olanda e anche in Spagna (mentre visitava con la famiglia la cattedrale di Cordova…) col paradosso che sulla base delle sentenze di Belgio, Olanda e Spagna non può, in linea di principio essere estradato, ma può essere continuamente arrestato.

Ed infatti arrivato in Italia il 21 novembre scorso per partecipare a due iniziative pubbliche per denunciare l’ingerenza della Turchia nello scenario siriano, ha trovato la Digos che dall’aereoporto di Orio al Serio l’ha portato direttamente nel carcere di Bergamo. Il 2 dicembre, la Corte d'Appello di Brescia lo ha messo agli arresti domiciliari a Massa in attesa delle decisioni della Turchia che ha 40 giorni di tempo per presentare una formale richiesta di estradizione. E a sua volta il Procuratore Generale dopo aver ricevuto il dossier turco avrà a disposizione fino a tre mesi per inviare alla Corte d’Appello di Brescia le sue conclusioni o la richiesta di ulteriori informazioni: quindi per almeno quasi quattro mesi Bahar starà ai domiciliari…ma per quale reato? La traduzione di volantini per cui è stato già assolto?

Monica Macchi

PS Al caso di Bahar Kimyongür è stato anche dedicato “Résister n’est pas un crime”, un documentario (inedito in Italia….) di Marie-France Collard, F.Bellali e J.Laffont, che ha vinto il Premio Speciale della Giuria al FIFDH (Festival Internazionale del Film sui Diritti dell'Uomo) di Parigi nel 2009.