Continuiamo
il nostro percorso sull'importanza della memoria con la segnalazione
del libro intitiolato La
Shoah dei bambini
di Bruno Maida, edito da Einaudi. Il saggio è stato presentato lo
scorso 19 gennaio presso la Casa della Cultura di Milano.
Un
libro che riattraversa «con occhi di bambino» le tragiche vicende
della persecuzione antiebraica: per i bambini «ariani», cresciuti
nell'educazione al razzismo e alla guerra e, soprattutto, per i
bambini ebrei, allontanati da scuola, testimoni impotenti della
progressiva emarginazione sociale e lavorativa dei genitori, quando
non della distruzione e dell'eliminazione fisica della propria
famiglia. Da questa prospettiva - peculiare, e tuttavia
indispensabile per comprendere l'essenza di una persecuzione
razziale, dunque fondata propriamente sulla nascita - la storia che
abbiamo alle spalle assume nuovi significati e stratificazioni. In
bilico tra due registri - narrativo e storiografico - il libro si
colloca in un filone d'indagine che vede crescere a livello
internazionale l'interesse verso la storia dell'infanzia nel
Novecento.
Abbiamo
intervistato il Prof. Maida che ringraziamo molto per la sua
disponibilità.
Ogni
anno, il 27 gennaio, si parla della Giornata della memoria, ma che
cos'è la memoria storica e quanto è importante per il Presente e
per il Futuro dell'umanità?
La
memoria non è la Storia, sono due cose differenti. La memoria è una
fonte straordinaria per la Storia, per la possibilità di
raccontarla, soprattutto nel caso della Shoah dove molte prove sono
state cancellate e distrutte e, quindi, è molto difficile
ricostruirne il processo.
Nel suo
libro affronta il tema dell'Olocausto da un punto di vista inusuale:
quello dei bambini. Perchè questa scelta?
Per due
ragioni, fra le molte importanti: una è che la Shoah dei bambini è
la Shoah. Perchè, se il tentativo era quello di distruggere
completamente un gruppo, di annientarlo, uccidere i bambini era la
condizione primaria. In secondo luogo, più in generale, perchè
parlare dei bambini significa attribuire un protagonismo all'infanzia
e, quindi, considerare i bambini non soltanto come oggetto della
Storia, ma come soggetto protagonista della Storia.
Cosa
significa essere genitori di bambini perseguitati?
Vuol
dire, prima di tutto, essere perseguitati in prima persona e,quindi,
essere soggetti che progressivamente si indeboliscono e perdono
quella possibilità e capacità di proteggere, di difendere i propri
figli. Nello stesso tempo significa, come è accaduto in quella
vicenda, riuscire a far emergere straordinarie energie, oltre alla
capacità di costruire quel simulacro di normalità nel clima di
persecuzione e, così, di garantire ai propri figli una condizione
meno brutta possibile.
Anche i
bambini ariani, in fondo, sono stati vittime dell'educazione
nazista...
Il
nazismo educò alla morte, all'intolleranza, alla violenza.
Sicuramente i bambini educati all'ideologia nazista furono anch'essi
vittime, in molti modi differenti: lo furono perchè si formarono su
alcuni sistemi di valori di quel genere, lo furono perchè costretti
anche a combattere, lo furono anche senza essere ebrei perchè alcuni
ariani vennero perseguitati e uccisi solo perchè considerati
inferiori, pensiamo, ad esempio, ai bambini handicappati.
L'ideologia
nazista, infatti, aveva al suo centro l'infanzia e si basava sulla
distruzione di tutte quelle parti d'infanzia che non corrispondevano
al suo modello.
Il suo
saggio è molto documentato: dove ha reperito il materiale per
prepararlo?
Questo
lavoro si è costruito, soprattutto, come la raccolta di voci: voci
di testimonianze orali, di raccolte, di documentazioni scritte. Le
fonti principali sono state il Centro di documentazione ebraica di
Milano e la Fondazione Spielberg che forniscono tantissime storie. Il
mio obiettivo era ricostruire quella vicenda e, contemporaneamente,
ridare voce pubblica a quei bambini.
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