martedì 28 gennaio 2014

La shoah dei bambini





Continuiamo il nostro percorso sull'importanza della memoria con la segnalazione del libro intitiolato La Shoah dei bambini di Bruno Maida, edito da Einaudi. Il saggio è stato presentato lo scorso 19 gennaio presso la Casa della Cultura di Milano.

Un libro che riattraversa «con occhi di bambino» le tragiche vicende della persecuzione antiebraica: per i bambini «ariani», cresciuti nell'educazione al razzismo e alla guerra e, soprattutto, per i bambini ebrei, allontanati da scuola, testimoni impotenti della progressiva emarginazione sociale e lavorativa dei genitori, quando non della distruzione e dell'eliminazione fisica della propria famiglia. Da questa prospettiva - peculiare, e tuttavia indispensabile per comprendere l'essenza di una persecuzione razziale, dunque fondata propriamente sulla nascita - la storia che abbiamo alle spalle assume nuovi significati e stratificazioni. In bilico tra due registri - narrativo e storiografico - il libro si colloca in un filone d'indagine che vede crescere a livello internazionale l'interesse verso la storia dell'infanzia nel Novecento.



Abbiamo intervistato il Prof. Maida che ringraziamo molto per la sua disponibilità.



Ogni anno, il 27 gennaio, si parla della Giornata della memoria, ma che cos'è la memoria storica e quanto è importante per il Presente e per il Futuro dell'umanità?



La memoria non è la Storia, sono due cose differenti. La memoria è una fonte straordinaria per la Storia, per la possibilità di raccontarla, soprattutto nel caso della Shoah dove molte prove sono state cancellate e distrutte e, quindi, è molto difficile ricostruirne il processo.

 

Nel suo libro affronta il tema dell'Olocausto da un punto di vista inusuale: quello dei bambini. Perchè questa scelta?

 

Per due ragioni, fra le molte importanti: una è che la Shoah dei bambini è la Shoah. Perchè, se il tentativo era quello di distruggere completamente un gruppo, di annientarlo, uccidere i bambini era la condizione primaria. In secondo luogo, più in generale, perchè parlare dei bambini significa attribuire un protagonismo all'infanzia e, quindi, considerare i bambini non soltanto come oggetto della Storia, ma come soggetto protagonista della Storia.



Cosa significa essere genitori di bambini perseguitati?

 

Vuol dire, prima di tutto, essere perseguitati in prima persona e,quindi, essere soggetti che progressivamente si indeboliscono e perdono quella possibilità e capacità di proteggere, di difendere i propri figli. Nello stesso tempo significa, come è accaduto in quella vicenda, riuscire a far emergere straordinarie energie, oltre alla capacità di costruire quel simulacro di normalità nel clima di persecuzione e, così, di garantire ai propri figli una condizione meno brutta possibile.



Anche i bambini ariani, in fondo, sono stati vittime dell'educazione nazista...



Il nazismo educò alla morte, all'intolleranza, alla violenza. Sicuramente i bambini educati all'ideologia nazista furono anch'essi vittime, in molti modi differenti: lo furono perchè si formarono su alcuni sistemi di valori di quel genere, lo furono perchè costretti anche a combattere, lo furono anche senza essere ebrei perchè alcuni ariani vennero perseguitati e uccisi solo perchè considerati inferiori, pensiamo, ad esempio, ai bambini handicappati.

L'ideologia nazista, infatti, aveva al suo centro l'infanzia e si basava sulla distruzione di tutte quelle parti d'infanzia che non corrispondevano al suo modello.



Il suo saggio è molto documentato: dove ha reperito il materiale per prepararlo?

Questo lavoro si è costruito, soprattutto, come la raccolta di voci: voci di testimonianze orali, di raccolte, di documentazioni scritte. Le fonti principali sono state il Centro di documentazione ebraica di Milano e la Fondazione Spielberg che forniscono tantissime storie. Il mio obiettivo era ricostruire quella vicenda e, contemporaneamente, ridare voce pubblica a quei bambini.