Joranovic Daribor ha 23 anni, è nato in Italia, ad Aversa.
In base
alle leggi italiane in tema di immigrazione, però, il ragazzo, è
considerato un irregolare per cui gli è stato notificato un avviso
di espulsione. Ma questo non basta.
Doribor
è stato rinchiuso per quattro mesi nel CIE di Ponte Galeria, a Roma,
nell'attesa di essere spedito in Bosnia, un Paese a lui sconosciuto e
di cui non sa nemmeno parlare la lingua. Neanche l'ambasciata
bosniaca lo riconosce come suo cittadino.
I
genitori sono scappati dal Paese dell'Est ai tempi della guerra.
Doribor,
è vero, non è un santo: nel 2011 ha tentato di svaligiare un
appartamento in provincia di Napoli, a Villaricca. Si è fatto due
anni di Poggioreale e, all'uscita, ha ricevuto l'ordine di espulsione
dal Tribunale di sorveglianza con una “tappa” nel CIE.
L'avvocato
del giovane, Serena Lauri, ha così commentato l'accaduto: “
Un'assurdità. Fa paura pensare che a decidere l'espulsione sia stato
un tribunale di sorveglianza: dove dovrebbe essere espulso visto che
è nato qui?”, per poi continuare: “ La Corte di Strasburgo ha
più volte condannato gli Stati che hanno espulso gli stranieri
residenti da lungo tempo e gli immigrati di seconda generazione,
anche a seguito di reati”.
Il caso
non si è ancora chiarito, così il giudice di pace ha decido di
prorogare di ulteriori 60 giorni la permanenza del ragazzo nel CIE.
Di proroga in proroga si arriva a una detenzione di un anno e mezzo,
il tempo massimo che, secondo la legge, un immigrato può essere
detenuto in un centro di identificazione e di espulsione prima di
essere liberato. Ma poi quale sarebbe il futuro di Doribor e di tanti
come lui? La speranza è che gli venga riconosciuto lo stato di
“apolide” che gli consentirebbe di regolarizzare la propria
situazione, di trovare un lavoro onesto e di tornare a nuova vita.