Uscito da poco nelle librerie, il romanzo Non dirmi che non hai paura di Giuseppe Catozzella è già un successo ed è candidato per il Premio Strega 2014. Una storia esemplare, quella di Samia, una ragazzina di Mogadiscio che ha la corsa nelle gambe e nel cuore: Samia corre in nome della libertà di tutte le donne, in particolare di quelle somale che vivono in una situazione di guerra e di sopraffazione. Samia corre in nome della libertà e della giustizia. Samia condivide i suoi sogni e i suoi ideali con il suo amico Ali e primo allenatore che crede in lei, nella sua tenacia e nella sua forza. Samia, infatti, riesce a qualificarsi, a soli 17 anni, ai Giochi olimpici di Pechino, diventando un simbolo. Il destino di Samia sarà tragico, come quello di tanti migranti, ma la sua giovane vita porta in sé, e regala al futuro, la gioia del riscatto.
Abbiamo avuto l'occasione di fare qualche domanda, per voi, all'autore. Ringraziamo molto Giuseppe Catozzella per la sua disponibilità.
Quando
nasce il progetto del libro e perché ha ritenuto necessario
raccontare questa storia?
L’idea
di raccontare la vita di Samia Yusuf Omar è nata quando mi sono
imbattuto nella notizia della vita e della morte di Samia (ero in
Africa, a Lamu, in Kenya e stavo svolgendo delle ricerche per
un’altra storia) mi sono sentito in colpa da italiano per la sua
morte e ho deciso che avrei raccontato nel Paese che Samia vedeva
come sua salvezza e speranza di vita nuova e in cui non era mai
riuscita ad arrivare – il mio stesso Paese, l’Italia – la sua
storia. Per cercare di creare materiale letterario dalla speranza e
dal dolore. E per risarcire, in qualche modo, il destino di Samia.
Samia
Yusuf Omar nasce a Mogadiscio, in una terra colonizzata dagli
italiani e oggi ancora dilaniata dalla guerra: quanto è importante
mantenere viva la memoria sulla Storia di ieri per capire il
Presente?
È
fondamentale. La memoria è come il respiro ed è un arco teso.
Soltanto caricandolo all’indietro si può avere una direzione e una
meta.
Il
racconto della vita della protagonista si può definire come un
"racconto di formazione"? E ci può anticipare il motivo
per cui Samia diventa il simbolo di tutte le donne musulmane nel
mondo?
È
una storia di formazione, perché è la storia della formazione di
Samia, da quando ha 8 anni a quando ne ha 21. Samia diventa simbolo
perché per correre al massimo delle sue potenzialità compie un
gesto ovvio e al contempo rivoluzionario: decide di correre alle
Olimpiadi senza velo.
Si
tratta anche di una storia di migrazione, di tenacia e di coraggio,in
un certo senso anche con un lieto fine: è importante, questo per
dare un segnale a chi affronta, ogni giorno, il "viaggio della
speranza", ma anche per abbattere gli stereotipi e i pregiudizi
sui richiedenti asilo, sui profughi e sui migranti in generale?
La
storia di Samia purtroppo non ha un lieto fine nel senso consueto del
termine, perché Samia muore al largo di Lampedusa. Ma contiene un
lieto fine nel senso che è una storia di speranza e di coraggio.