Expo
2015 sta per arrivare e ci si interroga anche su come accogliere i
visitatori di fede islamica e permettere loro di recarsi in un luogo
di culto adeguato. “Escludo che si riesca a costruire una moschea
entro il 2015. Certo, per quella data, bisognerà comunque trovare un
luogo di culto dignitoso”, così ha espresso il proprio parere
Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali presso il
Comune di Milano.
Una
delle soluzioni prospettate al termine di una consulta con le
delegazioni islamiche della città è quella di mettere al bando
un'area pubblica, forse sull'area del Palasharp, in Via Sant'Elia. La
risposta di Majorino è che dovrebbero essere rispettate alcune
condizioni ben precise, quali ad esempio: le spese per
l'abbattimento della vecchia struttura non dovranno ricadere
sull'Amministrazione, dovrà essere uno spazio aperto e trasparente e
dovrà comprendere anche spazi adibiti ad azioni pubbliche,
biblioteche, interventi sociali. Un polo culturale, insomma, oltre
che un luogo religioso.
Accanto
a questa ipotesi si aggiunge quella di utilizzare strutture private
oppure altre aree pubbliche dismesse che potrebbero essere
ristrutturate sempre a spese di privati che fanno parte del mondo
islamico; si è anche pensato, a questo riguardo, ad un intervento
delle rappresentanze consolari di Marocco e Giordania per la
costruzione di un edificio di culto nei pressi di Viale Certosa.
Sul
territorio cittadino sono molto diffusi magazzini, scantinati e
uffici che vengono utilizzati come luoghi di preghiera: è bene
regolarizzare queste realtà e consegnare, ai cittadini musulmani,
uno spazio ufficiale per garantire loro la libertà di culto. Asfa
Mahmoud, presidente della Casa della Cultura islamica, però spiega:
“ Una sola moschea non risponde alle necessità delle comunità del
territorio. In Via Padova preghiamo in tre turni perchè gli spazi
non sono sufficienti. Abbiamo bisogno di più luoghi di culto,
dignitosi e diffusi in città”.
Uno dei
problemi, infatti, che l'Amministrazione deve affrontare consiste nel
mettere d'accordo le numerose comunità islamiche presenti a Milano e
non appartenenti al CAIM (Coordinamento Associazioni Islamiche di
Milano) come quella senegalese, ad esempio. In una recente intervista
al Corriere della Sera, Abdeljabbar Moukrim dell'Associazione Al
Qafila ha spiegato: “ Non siamo contrari al progetto del CAIM, è
giusto dare valore a tutte le realtà presenti. Ma se parliamo di un
progetto di moschea che deve nascere su suolo pubblico, nessuno può
avere il diritto di parlare a nome di tutti i musulmani e il Comune
non può intrattenere il dialogo con un solo interlocutore”.
A tutto
questo si aggiunge che, il 27 marzo scorso, sul sito Yalla Italia, il
blog sulle seconde generazioni, è comparso un articolo secondo il
quale il CAIM sarebbe vicino all'organizzazione dei Fratelli
Musulmani e in cui si sostiene, inoltre, che molti rappresentanti del
CAIM avrebbero preso parte a manifestazioni in favore di Mursi.
La
situazione, dunque, è molto complicata; tante le questioni, anche di
origine politico-religiosa, da affrontare. E intanto Expo si sta
avvicinando...