di Mohamed Ba
Non capita tanto spesso di assistere a uno spettacolo in cui il ‘nome’ (e quello di Fabrizio De André indubbiamente lo è) non costituisca l’elemento catalizzatore che annulla qualsiasi altra opportunità di lettura. In questa “Buona Novella” c’è sicuramente lo spirito di Faber ma c’è anche molto di più. C’è, innanzitutto una compagine di attori tutti giovani e tutti straordinariamente vitali, efficaci, partecipi e (per utilizzare un termine onnicomprensivo) bravi. Potrebbero essere portati come esempio a tanti loro blasonati colleghi costantemente microfonati anche quando cantano sotto la doccia. Qui si canta e si recita con la propria voce e non ce n’è uno che per questo perda di efficacia. Anzi.
La
regia di Russo e Spadaro li sottopone a un tour de force che li
porta dalle note di De André ai blues di Harlem senza dimenticare
il canto popolare italiano ma non perdono un colpo. A Russo si deve
anche un testo che prende le mosse da una frase di un altro genovese
che è sempre andato in direzione ostinata e contraria: Don Gallo.
Il sacerdote affermava: «Sapete dove sceglierebbe di nascere oggi?
Vorrebbe nascere qui, in questo campo, tra voi nomadi, in questa
periferia del mondo. E come pastori sceglierebbe proprio voi per un
presepio... colorato, con il colore di chi soffre come voi, ma
vive».
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TEATRO MENOTTI di Milano, Via Ciro Menotti, fino al 31 dicembre