Qualche settimana fa si è tenuto a
Milano, nella Sala Alessi del Comune, un convegno sul tema della
tratta a scopo sessuale, fortemente voluto dalla Caritas Ambrosiana e
a cui hanno partecipato sindacati confederali e il Forum permanente
sulla prostituzione.
Perchè questo convegno? Perchè nel
Consiglio regionale lombardo è passata la proposta referendaria di
riaprire le cosiddette “case chiuse”, già abolite dalla Legge
Merlin. La riapertura dei luoghi “di piacere” dovrebbe servire a
togliere dalla strada le 4500 ragazze che vendono il proprio corpo in
Lombardia e non solo: il provvedimento, infatti, è al vaglio anche
in altre Regioni.
Ma questa soluzione non serve a nulla,
secondo Don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana, che
afferma: “ Creare quartieri a luci rosse non impedisce alle
organizzazioni criminali di prosperare, così come le multe contro i
clienti e le prostitute sono risultate fallimentari. Si potrebbero
avere più risultati creando un'agenzia nazionale anti-tratta”.
Traffici illeciti, spaccio di droga,
immigrazione irregolare: questi sono gli altri temi strettamente
collegati a quello della prostituzione e vengono approfonditi anche
nel saggio dal titolo Vendere e comprare sesso di
Giulia Garofalo Geymonat, ricercatrice presso l'Università di Lund,
in Svezia, e pubblicato da Il Mulino.
Centrale, nell'analisi della studiosa,
il fatto che l'attività di vendità del proprio corpo venga
considerata come una fonte di reddito e,quindi, un'attività
lavorativa, ma mai si tratta di una scelta libera. Quindi, nel
saggio, vengono prese in considerazione le esigenze delle/dei sex
workers.
In Italia la percentuale maggiore è
data dalle donne, immigrate e non, e dai transessuali che, spesso, si
prostituiscono per i bisogni primari: comprare cibo, affittare un
alloggio o anche mandare i figli a scuola. Altri motivi riguardano la
cura della salute o il pagamento di debiti contratti, anche per
motivi di tossicodipendenza.
Sempre in Italia - come in Gran
Bretagna, Francia, Danimarca - vengono puniti coloro i quali
sfruttano la prostituzione, ma non si riconosce lo scambio
prostituzionale. In Svezia, invece, dal 1999 è entrata in vigore una
legge molto severa nei confronti dei clienti perchè la richiesta di
rapporti a pagamento viene considerata una vera e propria violenza
nei confronti delle donne.
In Germania e in Olanda, dove invece il
fenomeno è legalizzato, si sono ottenuti buoni risultati in termini
di controllo sanitario ed emarginazione sociale. Risulta molto
efficace la legge italiana contro la tratta (art.18 legge 40/1998
sull'immigrazione) perchè permette di dare aiuto alle persone
immigrate senza doverle rimpatriare: alcune ONG, in collaborazione
con le Questure, forniscono agli immigrati alcuni percorsi di
protezione che prevedono un sostegno legale, l'alloggio in una
casa-rifugio, un medico e, a volte, uno psicologo.