In occasione della Giornata internazionale dei Popoli indigeni (9 agosto), l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) pubblica un nuovo rapporto sulla situazione degli attivisti indigeni. Per gli attivisti indigeni di tutto il mondo chiedere il rispetto dei propri diritti o protestare per la salvaguardia delle proprie terre significa rischiare la vita. In molti paesi del mondo, alzare la voce a favore delle popolazioni indigene comporta la concreta probabilità di diventare vittima di assassinii di Stato, di arresti arbitrari, di essere condannati a lunghe pene detentive ingiustificate, di subire torture o importanti limitazioni della propria libertà di movimento e di parola.
Il nuovo rapporto pubblicato dall'APM mette in evidenza le pratiche adottate da governi e multinazionali per assicurarsi profitti economici senza riguardo delle comunità indigene e delle loro terre. Solamente sull'isola di Mindanao (Filippine) tra ottobre 2014 e giugno 2015 sono stati uccisi 23 leader indigeni impegnati a salvaguardare la loro terra dallo sfruttamento selvaggio imposto da progetti minerari. A Mindanao come altrove nel mondo, gli assassini, che siano sono semplici criminali, paramilitari o forze dell'ordine statali, restano impuniti.
Il rapporto analizza la situazione di dieci paesi in Asia, Centroamerica, Sudamerica e nella federazione Russa e mostra le metodologie violente e senza scrupoli messe in campo da latifondisti, governi e multinazionali per realizzare enormi progetti per lo sfruttamento di risorse naturali quali petrolio, gas, minerali, legname, ma anche di costruzione di dighe o di traffico di droga a scapito della vita non solo dei singoli attivisti ma di intere comunità indigene.
I membri delle comunità indigene sono attivisti per l'ambiente particolarmente motivati, proprio perché la loro sopravvivenza come comunità dipende perlopiù da un ambiente intatto, pulito e sano. La loro agricoltura sostenibile e i fortissimi legami con la propria terra tradizionale da cui traggono sia il senso identitario sia di appartenenza comunitaria dipendono proprio dal rispetto per la natura e l'ambiente. La realizzazione di mega-progetti sulla loro terra implica la distruzione dell'ambiente, l'avvelenamento dei terreni e troppo spesso la messa in fuga o la deportazione delle comunità indigene che ci vivono. Per loro ciò significa cadere nel baratro della povertà estrema, malattia, la perdita dei legami comunitari e delle proprie radici culturali.
La politica ambientale delle nazioni industrializzate sembra limitarsi all'organizzazione e alla partecipazione di vertici per il clima e giornate per la terra, nel proclamare compiaciuti sempre nuovi obiettivi da raggiungere per la salvaguardia del clima, ma di fatto non va molto oltre. Non solo non si impegna a proteggere la vita degli attivisti indigeni, le prime vittime e le maggiormente colpite dalla distruzione ambientale a livello mondiale, ma non pare nemmeno interessata ad ascoltare la loro voce.
Scarica il report [solo in tedesco] in:
Il nuovo rapporto pubblicato dall'APM mette in evidenza le pratiche adottate da governi e multinazionali per assicurarsi profitti economici senza riguardo delle comunità indigene e delle loro terre. Solamente sull'isola di Mindanao (Filippine) tra ottobre 2014 e giugno 2015 sono stati uccisi 23 leader indigeni impegnati a salvaguardare la loro terra dallo sfruttamento selvaggio imposto da progetti minerari. A Mindanao come altrove nel mondo, gli assassini, che siano sono semplici criminali, paramilitari o forze dell'ordine statali, restano impuniti.
Il rapporto analizza la situazione di dieci paesi in Asia, Centroamerica, Sudamerica e nella federazione Russa e mostra le metodologie violente e senza scrupoli messe in campo da latifondisti, governi e multinazionali per realizzare enormi progetti per lo sfruttamento di risorse naturali quali petrolio, gas, minerali, legname, ma anche di costruzione di dighe o di traffico di droga a scapito della vita non solo dei singoli attivisti ma di intere comunità indigene.
I membri delle comunità indigene sono attivisti per l'ambiente particolarmente motivati, proprio perché la loro sopravvivenza come comunità dipende perlopiù da un ambiente intatto, pulito e sano. La loro agricoltura sostenibile e i fortissimi legami con la propria terra tradizionale da cui traggono sia il senso identitario sia di appartenenza comunitaria dipendono proprio dal rispetto per la natura e l'ambiente. La realizzazione di mega-progetti sulla loro terra implica la distruzione dell'ambiente, l'avvelenamento dei terreni e troppo spesso la messa in fuga o la deportazione delle comunità indigene che ci vivono. Per loro ciò significa cadere nel baratro della povertà estrema, malattia, la perdita dei legami comunitari e delle proprie radici culturali.
La politica ambientale delle nazioni industrializzate sembra limitarsi all'organizzazione e alla partecipazione di vertici per il clima e giornate per la terra, nel proclamare compiaciuti sempre nuovi obiettivi da raggiungere per la salvaguardia del clima, ma di fatto non va molto oltre. Non solo non si impegna a proteggere la vita degli attivisti indigeni, le prime vittime e le maggiormente colpite dalla distruzione ambientale a livello mondiale, ma non pare nemmeno interessata ad ascoltare la loro voce.
Scarica il report [solo in tedesco] in:
https://www.gfbv.de/fileadmin/redaktion/Reporte_Memoranden/2015/Menschenrechtsreport_Nr._77_Indigene_Umweltaktivisten.compressed.pdf
Vedi anche in:
gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140909it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140801it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2013/130806it.html | www.gfbv.it/3dossier/ind-voelker/brasil-tras.html | www.gfbv.it/3dossier/ind-voelker/global-it.html | www.gfbv.it/3dossier/ind-voelker/dekade-it.html
in www: http://en.wikipedia.org/wiki/Indigenous_peoples