domenica 30 agosto 2015

Nidaa Badwan e l’arte a Gaza




di Monica Macchi






L’isolamento è l’unico modo che ho trovato per sfuggire al giogo della società.

E’ l’unica cosa che mi permette di avere uno spazio di espressione e libertà”





Di fronte allo stillicidio di una guerra quotidiana, alle macerie e all’oppressione religiosa, l’artista Nidaa Badwan ha scelto di vivere reclusa nella sua stanza a Dayr al-Balah, nel sud di Gaza, dal dicembre 2013. Laureata alla Facoltà di Belle Arti dell’Università Al-Aqsa ha fatto dell’isolamento un progetto fotografico dal titolo “Cento giorni di solitudine”, (esplicito omaggio a Gabriel García Márquez), in mostra in questi giorni al Centro Culturale di Ramallah. Sono quattordici autoritratti costruiti come nature morte dai colori forti che ricordano la pittura fiamminga, una risposta alla mostra “Also this is Gaza” (Anche questo è Gaza), in cui aveva presentato una testa di donna chiusa in un sacchetto di plastica, metafora del soffocamento che già avvertiva. La foto ha attirato l’attenzione di Anthony Bruno, direttore dell'Istituto Francese di Gaza, che le ha organizzato una mostra presso la Galleria di al-Hoash a Gerusalemme Est. Ma le autorità israeliane non le concedono il visto come del resto non gliel’hanno concesso neppure per la mostra a Ramallah: le sue opere possono uscire da Gaza, lei no.