Abbas
al-Sayyd è in carcere da 16 anni, come prigioniero palestinese, e
rifiuta il cibo da 12 giorni; lo stesso per Mohammad Suleiman che non
si alimenta da 13 giorni. Entrambi lottano così per migliorare le
condizioni di vita nelle carceri israeliane e per poter scontare la
pena nel proprio Paese.
Ma, alla
fine di luglio, la Knesset ha approvato, con 46 voti a favore e 40
contrari, una legge che prevede l'alimentazione forzata per i
detenuti in sciopero della fame: lo sciopero (noto anche a noi
italiani...) è stato uno strumento importante, fin dal 1967, usato
dai palestinesi privati della libertà per ottenere numerose
concessioni dal sistema carcerario degli occupanti e fa riflettere il
fatto che la norma sia stata approvata dopo l'accordo ottenuto da
Khader Adnan che da mesi si rifiutava di mangiare e ha, così,
ottenuto dei risultati per vedere riconosciuti i propri diritti.
Il
Ministro della pubblica sicurezza ha affermato: “Gli scioperi della
fame dei terroristi sono diventati un modo per minacciare Israele”.
La comunità internazionale è insorta e l'ONU considera la nuova
legge: “ una forma di tortura e un trattamento degradante”: si
tratta, infatti, di inserire un tubo nella gola o nel naso dei
prigionieri attraverso il quale fare arrivare il cibo allo stomaco.
In una
intervista a Il Manifesto,
Randa
Wahbe, ricercatrice di Addameer (associazione palestinese che tutela
i diritti dei detenuti politici) ha detto: “L'obiettivo israeliano
è chiaro: distruggere il movimento dei prigionieri. Da decenni Tel
Aviv prende misure volte a indebolire una delle colonne della
resistenza palestinese, ma questo è il passo più drastico mai
compiuto. Negli anni'70 e '80 lo sciopero della fame di massa ha
permesso il riconoscimento dei diritti basilari, come avere un letto
o una penna per scrivere. All'epoca Israele intervenì con
l'alimentazione forzata: 4 palestinesi morirono e la Corte Suprema
emise una sentenza che vietava la pratica. Nessun prigioniero è
morto per sciopero della fame, ma per alimentazione forzata sì”.
Infine
riportiamo anche il commento dell'Associazione Medica Israeliana,
decisa a presentare appello contro l'approvazione della legge: “ Il
governo israeliano parla a sproposito di tutela della vita umana. Ma
la questione è un'altra: la dignità del paziente. La legge
introduce una forma di tortura, il governo non è autorizzato a
decidere come un paziente deve essere trattato...”