"Metà di quello che ho scritto è uscito in una notte. Il resto sul tram, mentre andavo al lavoro" racconta Massimiliano Verga, padre di Jacopo, Cosimo e Moreno, un bellissimo bambino di otto anni, nato sano e diventato gravemente disabile nel giro di pochi giorni. "Così ho raccolto gli odori, i sapori e le immagini della vita con mio figlio Moreno. Odori per lo più sgradevoli, sapori che mi hanno fatto vomitare, immagini che i miei occhi non avrebbero voluto vedere. Ho perfino pensato che fosse lui ad avere il pallino della fortuna in mano, perché lui non può vedere e ha il cervello grande come una Zigulì. Ma anche ai sapori ci si abitua. E agli odori si impara a non farci più caso. Non posso dire che Moreno sia il mio piatto preferito o che il suo profumo sia il migliore di tutti. Perché, come dico sempre, da zero a dieci, continuo a essere incazzato undici. Però mi piacerebbe riuscire a scattare quella fotografia che non mi abbandona mai, quella che ci ritrae quando ci rotoliamo su un prato, mentre ce ne fottiamo del mondo che se ne fotte di noi." Dalla quarta di copertina del libro Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile, di Massimiliano Verga (Mondadori).
L'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato per voi l'autore e lo ringrazia moltissimo per il suo racconto e la sua testimonianza.
Quando siete venuti a conoscenza della disabilità di vostro figlio, come avete iniziato a “prepararvi” alla situazione?
Preparati mai. Moreno ha quasi 12 anni e c'è stato un percorso di conoscenza e, rispetto all'inizio, è tutta un'altra cosa, anche per merito suo.
Di fronte a una disabilità o fragilità, nessuno può avere l'arroganza o la presunzione di sentirsi preparato.
Moreno è nato sano, poi si è ammalato di un “qualcosa” che non so, a un mese di vita: è stato ricoverato in patologia neonatale ed è tornato a casa con gli esiti che ho raccontato nel libro. Non abbiamo una diagnosi e il fatto che Moreno non sarebbe più stato il bambino che ho cominciato a conoscere quando è nato, l'abbiamo saputo il giorno della dimissione e dopo alcuni mesi abbiamo scoperto che Moreno era anche non vedente.
Voi familiari avete fatto un percorso psicologico oppure avete affrontato tutto da soli?
Non abbiamo fatto nulla: io no, ma credo nemmeno la mamma (io e la mamma non viviamo più insieme). Anche i fratelli di Moreno non sono seguiti perchè è una situazione che hanno imparato a gestire con loro stessi in modo relativamente sereno.
Sono contrario ad un percorso che possa etichettarli e farli sentire i “fratelli di” quando, invece, stanno cercando di uscirne per conto loro.
Quali sono i sentimenti che ha provato da quando è nato Moreno e quali quelli che prevalgono?
Sono molto banale in questo, ma uno su tutti è l'amore. Poi, certo, c'è un contorno di rabbia e di frustrazione legato a quell'impreparazione di cui parlavamo prima.
Siete aiutati da servizio sanitario e dalle istituzioni?
Sono abbastanza fortunato rispetto alle altre realtà che conosco di situazioni di abbandono. E' noto che le istituzioni siano molto deficitarie, ma ho avuto fortuna nel senso che, fin dall'inizio, abbiamo trovato una brava fisioterapista che da subito ha seguito Moreno e anche il servizio scolastico è stato buono perchè alla materna ho trovato delle maestre molto attente. Adesso Moreno frequenta una scuola speciale in cui i bambini hanno una disabilità grave e mi trovo benissimo; avrà capito che sono favorevole alle scuole speciali perchè ci sono dei bambini che possono essere accolti solo in luoghi costruiti e pensati per loro.
Stanno aiutando Moreno a diventare più autonomo?
La parola “autonomo” per Moreno è una parola grossa perchè non lo sarà mai: ha bisogno che ci sia sempre una persona a mezzo metro da lui, ma il fatto che abbia imparato a riconoscere un water, che salga sul camper da solo, che si muova nello spazio in modo più sicuro lo devo alla testa dura mia e di sua madre, alla scuola, alla terapista e a tutti coloro che lo seguono.
Gli altri due fratelli come si rapportano a Moreno?
Chiaro che per loro è molto difficile. Moreno è un “alieno”: non parla, urla, sbatte. E' molto difficile avvicinarsi e interagire con lui.
I fratelli hanno delle modalità differenti legate non tanto all'età (il grande ha 13 anni e il più piccolo ne ha 8), ma perchè il grande ha visto nascere Moreno e ha vissuto insieme a noi e insieme a lui gli anni più duri e, quindi, prova sentimenti diversi rispetto al fratello piccolo che si è trovato un fratello “alieno” senza provare lo shock della scoperta della sua disabilità.
Perchè ha deciso di raccontare la vostra storia pubblicamente?
Zigulì era il mio diario nel quale mi sono sfogato, nel giro di una notte, come è scritto in quarta di copertina. Quando l'ho ripreso in mano ho pensato, forse con un po' di presunzione, che potesse essere utile per qualcun altro.
L'idea
che quei sentimenti e quei frammenti potessero essere condivisi da
altri genitori mi ha portato a pubblicarlo. Il riscontro è enorme e
non me lo aspettavo: ricevo tantissime mail, ho fatto un centinaio di
incontri pubblici, mi invitano. Mi sembra di aver raccontato qualcosa
che appartiene a tante persone ma io, forse, ho avuto un pizzico di
coraggio in più nel raccontare la realtà per quella che è.
Parliamo,
infine, del tema dell'accettazione...
L'accettazione
non riguarda il bambino, riguarda i genitori: tu devi imparare ad
accettare te stesso come genitore di quel bambino.
Il
bambino, ovviamente, è accettato, è tuo figlio, ma il genitore deve
fare i conti con se stesso e questo è l'aspetto che a volte,
purtroppo, crea atteggiamenti di chiusura. Peggio ancora nei casi in
cui i genitori sono lasciati da soli per cui per loro è ancora più
difficile: su questo dovremmo lavorare come comunità.