mercoledì 23 ottobre 2013

The spirit of '45, di Ken Loach

The spirit of '45, di Ken Loach

Recensione di Cinzia Quadrati, critico cinematografico e collaboratrice del Festival africano, d'Asia e America latina. Ringraziamo molto Cinzia Quadrati per questo suo contributo.


Dopo “La parte degli angeli” leggera ed aggraziata commedia, Ken Loach, regista figlio di operai, che da sempre cioè dagli anni '80-'90 ad oggi, dipinge e problematizza la società (operaia) dei suoi tempi, realizza un documentario sulla storia economica del suo Paese, l'Inghilterra com'era e com'è diventata.
Il film si apre con immagini di repertorio dell'immediato dopoguerra: giovani che festeggiano la fine della guerra, in un'esplosione di entusiasmo, di liberazione, di ritrovato ottimismo.
Dall'ottimismo al pragmatismo: comincia la ricostruzione economica del Paese, che è anche la sua ricostruzione sociale e morale. Lo stato interviene consolidando l'edilizia popolare, nazionalizzando miniere e ferrovie e costruendo il sistema sanitario pubblico. Con il passaggio dalla miseria materiale alla dignità abitativa e lavorativa, si costruisce l'anima della nazione, che nel sistema sociale si va, man mano affrancando e realizzando.
Loach ci presenta interviste dei protagonisti di questo cambiamento, che portano l'esperienza dei padri a confronto con la loro. Gli intervistati guardano al passato di cambiamenti e speranze, che si sono realizzate proprio nella costruzione di uno spirito comune, nel consolidamento del senso di appartenenza alla cosa pubblica, con orgoglio e riconoscenza.
Agli interventi di infermieri, operai, sindacalisti, dirigenti, si alternano commenti di storici: tutti d'accordo sulla portata rivoluzionaria di quel sistema, in cui l'economia era al servizio delle persone e non viceversa. 



Perché poi, qualcosa è cambiato: c'è stato l'avvento di Margareth Tatcher e Loach non ha mai nascosto il suo non amore verso la lady di Ferro, stigmatizzato con il recente commento in occasione del suo funerale, che, ha dichiarato “come avrebbe fatto lei, sarebbe stato bene privatizzare e vendere al peggior offerente”.
La sintesi di quel processo che è iniziato negli anni '80 con l'era Tatcher, ma è continuato anche negli anni successivi e si è bruscamente accelerato con la recente crisi l'economia, che ha, via via, soppiantato l'economia con la finanza, sta in alcune parole pronunciate da un intervistato: l'economia capitalista è debole, ma la considerazione che se ne ha è molto forte.
La tesi dell'opera di Loach supportata dalle parole di tutti i protagonisti del suo film è limpida e cristallina, forse troppo: con la crisi dell'economia, alias della finanza, le privatizzazioni selvagge, già iniziate in epoca pre-crisi, sono aumentate e, con esse, il crollo economico e dei valori.
Il film, quindi, regge nel suo impianto ideativo e ideologico, che certo non sorprende, conoscendo l'opera e il pensiero di Loach, ma con un marcato schematismo, e un certo dogmatismo, delude sul piano estetico.