The
spirit of '45, di Ken Loach
Recensione
di Cinzia Quadrati, critico cinematografico e collaboratrice del
Festival africano, d'Asia e America latina. Ringraziamo molto Cinzia
Quadrati per questo suo contributo.
Dopo “La
parte degli angeli” leggera ed aggraziata commedia, Ken Loach,
regista figlio di operai, che da sempre cioè dagli anni '80-'90 ad
oggi, dipinge e problematizza la società (operaia) dei suoi tempi,
realizza un documentario sulla storia economica del suo Paese,
l'Inghilterra com'era e com'è diventata.
Il film
si apre con immagini di repertorio dell'immediato dopoguerra: giovani
che festeggiano la fine della guerra, in un'esplosione di entusiasmo,
di liberazione, di ritrovato ottimismo.
Dall'ottimismo
al pragmatismo: comincia la ricostruzione economica del Paese, che è
anche la sua ricostruzione sociale e morale. Lo stato interviene
consolidando l'edilizia popolare, nazionalizzando miniere e ferrovie
e costruendo il sistema sanitario pubblico. Con il passaggio dalla
miseria materiale alla dignità abitativa e lavorativa, si costruisce
l'anima della nazione, che nel sistema sociale si va, man mano
affrancando e realizzando.
Loach
ci presenta interviste dei protagonisti di questo cambiamento, che
portano l'esperienza dei padri a
confronto con la loro. Gli intervistati guardano al passato di
cambiamenti e speranze, che si sono realizzate proprio nella
costruzione di uno spirito comune, nel consolidamento del senso di
appartenenza alla cosa pubblica, con orgoglio e riconoscenza.
Agli
interventi di infermieri, operai, sindacalisti, dirigenti, si
alternano commenti di storici: tutti d'accordo sulla portata
rivoluzionaria di quel sistema, in cui l'economia era al servizio
delle persone e non viceversa.
Perché
poi, qualcosa è cambiato: c'è stato l'avvento di Margareth Tatcher
e Loach non ha mai nascosto il suo non amore verso la lady di Ferro,
stigmatizzato con il recente commento in occasione del suo funerale,
che, ha dichiarato “come avrebbe fatto lei, sarebbe stato bene
privatizzare e vendere al peggior offerente”.
La
sintesi di quel processo che è iniziato negli anni '80 con l'era
Tatcher, ma è continuato anche negli anni successivi e si è
bruscamente accelerato con la recente crisi l'economia, che ha, via
via, soppiantato l'economia con la finanza, sta in alcune parole
pronunciate da un intervistato: l'economia capitalista è debole, ma
la considerazione che se ne ha è molto forte.
La tesi
dell'opera di Loach supportata dalle parole di tutti i protagonisti
del suo film è limpida e cristallina, forse troppo: con la crisi
dell'economia, alias della finanza, le privatizzazioni selvagge, già
iniziate in epoca pre-crisi, sono aumentate e, con esse, il crollo
economico e dei valori.
Il film,
quindi, regge nel suo impianto ideativo e ideologico, che certo non
sorprende, conoscendo l'opera e il pensiero di Loach, ma con un
marcato schematismo, e un certo dogmatismo, delude sul piano
estetico.