sabato 7 dicembre 2013

Nelson Mandela: un uomo, un'icona









 









Un numero: 46664. Più volte ripreso, fotografato, ricordato, scritto.
E' il numero che Nelson Mandela portava sulla sua giubba durante la sua lunga permanenza in carcere; la stessa cifra riportata infinite volte – sul palco, sugli spalti dello stadio, sui corpi e sulle magliette dei partecipanti – durante il mega concerto che si è tenuto a Londra nel 2008 in occasione del novantesimo compleanno del grande leader.
Quel numero è un simbolo come lo è colui che lo ha portato addosso per tanto tempo: Nelson, Madiba, Rolihalha (“combina guai”) premiato con il Nobel per la pace; l'uomo che si è battuto, per una vita intera, per i diritti di tutti, per la libertà e per la giustizia.
Se ne va a 95 anni, probabilmente a causa di problemi respiratori dovuti alla tubercolosi contratta durante la sua prigionia a Robben Island. Negli ultimi mesi, Mandela era stato ricoverato più volte per poi essere dimesso per ricevere le cure e le attenzioni necessarie nella sua casa, a Johannesburg.
Molti i messaggi di cordoglio per la perdita di una persona che lascia un'eredità etica, morale e politica così importante. Il Presidente americano, Barack Obama, primo Presidente nero garzie anche alla lotta di mandela contro ogni discriminazione, ha affermato: “ Nelson Mandela è vissuto per un ideale e l'ha reso reale. E' uno dei personaggi più coraggiosi della nostra era. Appartiene al tempo, alla storia. Ha trasformato il Sudafrica e tutti noi. Il suo lavoro ha significato moltissimo. Noi troviamo fonte di esempio e di rinnovamento nella riconciliazione e nello spirito di resistenza che ha fatto dell'azione di Mandela una cosa vera”. Il leader cubano, Raul Castro ha definito Mandela “un caro compagno”; il Presidente palestinese, Mahmoud Abbas ha dichiarato che: “ Mandela è stato un simbolo della liberazione dal colonialismo e dall'occupazione per tutti i popoli che aspirano alla libertà”; dalla Cina arrivano, via web, le parole di un altro Premio Nobel per la Pace, Liu Xiaobo, che sta scontando una pena detentiva di 11 anni per l'accusa di “sovversione”, il quale scrive: “ Stiamo ricordando una persona che ha rispettato e si è battuta per anni per i diritti umani, la libertà e l'uguaglianza”.
In Italia, il Ministro per l'integrazione, Cècile Kyenge, ha così espresso il suo dispiacere per la morte di Mandela: “ Una giornata triste perchè solo la sua presenza dava forza ai valori della lotta contro il razzismo e l'apartheid non solo per il continente africano, ma per tutto il mondo”.

Per ringraziare, a modo nostro, “Madiba” riportiamo la recensione di una ricca mostra sul tema dell'apartheid, allestita l'estate scorsa a Milano. Anche la Cultura, il materiale fotografico, video, i documenti scritti, contribuisco a mantenere viva la Memoria, l'operato, ma soprattutto, gli insegnamenti di questo piccolo-grande eroe contemporaneo.

L' apartheid raccontata in una mostra al PAC di Milano



Mentre sono critiche le condizioni di salute di Nelson Mandela, a Milano approda una grande esposizione che racconta uno dei periodi storici più significativi del '900: l'apartheid e le sue conseguenze, ieri come oggi.
Rise and fall of Apartheid: Photography and the Bureaucracy of Everyday Life” (“Ascesa e declino dell'Apartheid: fotografia e burocrazia della vita quotidiana): questo il titolo di un percorso visivo e culturale ricco, complesso, emozionante.
Frutto di oltre sei anni di ricerche, il progetto raccoglie le opere di quasi 70 fotografi, artisti e registi per proporre al pubblico - attraverso immagini, illustrazioni, posters, filmati, opere d'arte - un'analisi profonda della nascita dell'apartheid, della lotta per debellarla e delle sue conseguenze.



Apartheid” è parola olandese, composta da “separato” (apart) e “quartiere” (heid) ed è stata, in concomitanza con la seconda guerra mondiale, la piattaforma del nazionalismo afrikaner che ha portato alla segregazione razziale con lo scopo di mantenere il potere nelle mani dei bianchi. Dopo la vittoria dell'Afrikaner National Party, nel 1948, l'apartheid impone una serie di programmi legislativi che incidono sulla psicologia dei cittadini del Sudafrica, ma anche sulle strutture civili, economiche e politiche fino a coinvolgere ogni aspetto dell'esistenza e della quotidianità: dalle abitazioni, al tempo libero, dai trasporti ai commerci, dall'istruzione al turismo. Il sistema dell'apartheid è, quindi, diventato sempre più spietato nei confronti degli africani, dei meticci e degli asiatici, arivando a negare e a privarli dei loro diritti umani e civili.
Il lavoro dei membri del Drum Magazine, degli anni '50, dell'Afrapix Collective, degli anni '80 e del Bang Bang Club; le opere di fotografi sudafricani all'avanguardia, quali ad esempio, Eli Weinberg, Omar Badsha, Peter Magubane, Gideon Mendel, Kevin Carter, Sam Nzima; e ancora le immagini dei nuovi talenti come Thabiso Sekgale e Sabelo Mlangeni testimoniano, documentano e approfondiscono il tema, facendo dell'immagine uno strumento di critica politica e sociale.
La mostra è ideata dall'ICP International Center of Photography di New York e curata da Okwui Enwezor, direttore della Haus der Kunst di Monaco; per l'Italia è stata promossa e prodotta dal Comune di Milano, PAC e CIVITA e sarà allestita, al Padiglione d' Arte Contemporanea, fino al 15 settembre. E, per l'occasione, non potevano mancare anche dieci video di William Kentridge, che non ha bisogno di presentazioni.