Un
numero: 46664. Più volte ripreso, fotografato, ricordato, scritto.
E' il
numero che Nelson Mandela portava sulla sua giubba durante la sua
lunga permanenza in carcere; la stessa cifra riportata infinite volte
– sul palco, sugli spalti dello stadio, sui corpi e sulle magliette
dei partecipanti – durante il mega concerto che si è tenuto a
Londra nel 2008 in occasione del novantesimo compleanno del grande
leader.
Quel
numero è un simbolo come lo è colui che lo ha portato addosso per
tanto tempo: Nelson, Madiba, Rolihalha (“combina guai”) premiato
con il Nobel per la pace; l'uomo che si è battuto, per una vita
intera, per i diritti di tutti, per la libertà e per la giustizia.
Se ne va
a 95 anni, probabilmente a causa di problemi respiratori dovuti alla
tubercolosi contratta durante la sua prigionia a Robben Island. Negli
ultimi mesi, Mandela era stato ricoverato più volte per poi essere
dimesso per ricevere le cure e le attenzioni necessarie nella sua
casa, a Johannesburg.
Molti i
messaggi di cordoglio per la perdita di una persona che lascia
un'eredità etica, morale e politica così importante. Il Presidente
americano, Barack Obama, primo Presidente nero garzie anche alla
lotta di mandela contro ogni discriminazione, ha affermato: “
Nelson Mandela è vissuto per un ideale e l'ha reso reale. E' uno dei
personaggi più coraggiosi della nostra era. Appartiene al tempo,
alla storia. Ha trasformato il Sudafrica e tutti noi. Il suo lavoro
ha significato moltissimo. Noi troviamo fonte di esempio e di
rinnovamento nella riconciliazione e nello spirito di resistenza che
ha fatto dell'azione di Mandela una cosa vera”. Il leader cubano,
Raul Castro ha definito Mandela “un caro compagno”; il Presidente
palestinese, Mahmoud Abbas ha dichiarato che: “ Mandela è stato un
simbolo della liberazione dal colonialismo e dall'occupazione per
tutti i popoli che aspirano alla libertà”; dalla Cina arrivano,
via web, le parole di un altro Premio Nobel per la Pace, Liu Xiaobo,
che sta scontando una pena detentiva di 11 anni per l'accusa di
“sovversione”, il quale scrive: “ Stiamo ricordando una persona
che ha rispettato e si è battuta per anni per i diritti umani, la
libertà e l'uguaglianza”.
In
Italia, il Ministro per l'integrazione, Cècile Kyenge, ha così
espresso il suo dispiacere per la morte di Mandela: “ Una giornata
triste perchè solo la sua presenza dava forza ai valori della lotta
contro il razzismo e l'apartheid non solo per il continente africano,
ma per tutto il mondo”.
Per
ringraziare, a modo nostro, “Madiba” riportiamo la recensione di
una ricca mostra sul tema dell'apartheid, allestita l'estate scorsa a
Milano. Anche la Cultura, il materiale fotografico, video, i
documenti scritti, contribuisco a mantenere viva la Memoria,
l'operato, ma soprattutto, gli insegnamenti di questo piccolo-grande
eroe contemporaneo.
L' apartheid raccontata in una mostra al PAC di Milano
Mentre
sono critiche le condizioni di salute di Nelson Mandela, a Milano
approda una grande esposizione che racconta uno dei periodi storici
più significativi del '900: l'apartheid e le sue conseguenze, ieri
come oggi.
“Rise
and fall of Apartheid: Photography and the Bureaucracy of Everyday
Life” (“Ascesa e declino dell'Apartheid: fotografia e burocrazia
della vita quotidiana): questo il titolo di un percorso visivo e
culturale ricco, complesso, emozionante.
Frutto
di oltre sei anni di ricerche, il progetto raccoglie le opere di
quasi 70 fotografi, artisti e registi per proporre al pubblico -
attraverso immagini, illustrazioni, posters, filmati, opere d'arte -
un'analisi profonda della nascita dell'apartheid, della lotta per
debellarla e delle sue conseguenze.
“Apartheid”
è parola olandese, composta da “separato” (apart) e “quartiere”
(heid) ed è stata, in concomitanza con la seconda guerra mondiale,
la piattaforma del nazionalismo afrikaner che ha portato alla
segregazione razziale con lo scopo di mantenere il potere nelle mani
dei bianchi. Dopo la vittoria dell'Afrikaner National Party, nel
1948, l'apartheid impone una serie di programmi legislativi che
incidono sulla psicologia dei cittadini del Sudafrica, ma anche
sulle strutture civili, economiche e politiche fino a coinvolgere
ogni aspetto dell'esistenza e della quotidianità: dalle abitazioni,
al tempo libero, dai trasporti ai commerci, dall'istruzione al
turismo. Il sistema dell'apartheid è, quindi, diventato sempre più
spietato nei confronti degli africani, dei meticci e degli asiatici,
arivando a negare e a privarli dei loro diritti umani e civili.
Il
lavoro dei membri del Drum Magazine, degli anni '50, dell'Afrapix
Collective, degli anni '80 e del Bang Bang Club; le opere di
fotografi sudafricani all'avanguardia, quali ad esempio, Eli
Weinberg, Omar Badsha, Peter Magubane, Gideon Mendel, Kevin Carter,
Sam Nzima; e ancora le immagini dei nuovi talenti come Thabiso
Sekgale e Sabelo Mlangeni testimoniano, documentano e
approfondiscono il tema, facendo dell'immagine uno strumento di
critica politica e sociale.
La
mostra è ideata dall'ICP International Center of Photography di New
York e curata da Okwui Enwezor, direttore della Haus der Kunst di
Monaco; per l'Italia è stata promossa e prodotta dal Comune di
Milano, PAC e CIVITA e sarà allestita, al Padiglione d' Arte
Contemporanea, fino al 15 settembre. E, per l'occasione, non
potevano mancare anche dieci video di William Kentridge, che non ha
bisogno di presentazioni.