venerdì 6 dicembre 2013

Scatti e riscatti



Per la maggior parte sono giovani, alcuni italiani e molti stranieri provenienti dal Nord Africa, dall'America latina, dall'Europa dell'Est: sono i detenuti del carcere di Bollate che hanno avuto l'opportunità di fotografare e di farsi ritrarre grazie ad un corso tenuto, tra il 2009 e il 2013, da Rodolfo Tradardi e Mariagrazia Pumo.
Il carcere di Bollate è riconosciuto, da sempre, come una tappa fondamentale per un percorso esistenziale riabilitativo: molte, infatti, le attività proposte ai detenuti, attività offerte nell'ambito di progetti rieducativi. In questo caso il corso di fotografia rientra in un'idea realizzata dalla Cooperativa Articolo 3 in accordo con la Direzione dell'istituto penitenziario.
I partecipanti al progetto si trovano nel cosiddetto “ Reparto a Trattamento Avanzato”, nel quarto reparto e sono persone già consapevoli del percorso – di pena, ma soprattutto umano – che si trovano a dover affrontare e sono responsabili nel farlo. Ecco, quindi, che il mezzo fotografico diventa uno strumento di scelta: una scelta di contenuto, una scelta di estetica, una scelta etico-morale.
Le fotografie sono raccolte, ora, in una mostra intitolata proprio “Riscatti”, inaugurata il 4 dicembre scorso ed esposte fino al 21 del mese presso la galleria Ostrakon, in Via Pastrengo 15 a Milano. E' importante sottolineare il fatto che non si tratta di un lavoro eseguito da un'agenzia esterna che è entrata nel carcere, ma di un lavoro portato avanti dagli ospiti stessi dell'istituto che, durante la loro permanenza, hanno sviluppato una sensibilità particolare rivolta alle altre persone e alle situazioni, spesso difficili, che si verificano nella loro quotidianità. 
La fotografia diventa, così, uno specchio su cui proiettare sentimenti e sensazioni, paure e desideri. Volti malinconici o, a tratti, gioiosi; lo spazio della palestra come ring della sfida per la ricostruzione di sé e dell'autostima; le riprese originali di alcuni oggetti che, in cella, diventano “altro” per sopravvivenza, per necessità; angolature ricercate e luci originali per restituire poesia, mescolata alla realtà anche di un luogo tanto ristretto.
Tutto questo e molto altro nelle immagini dei detenuti che scattano e si ri-scattano, nell'attesa e nella speranza di recuparare la libertà fisica, dopo quella mentale regalata, per un po', dall'obiettivo di una macchina fotografica.