Pochi
giorni fa, il 14 aprile scorso, è ricorso l'anniversario del
rapimento delle studentesse nigeriane da parte di Boko Haram, ma
pochi hanno riportato la notizia e sembra che l'interesse verso
questa grave situazione sia scemato nel corso del tempo.
L'Associazione
per i Diritti Umani ha intervistato il giornalista Lorenzo Simoncelli
che ha avuto occasione di parlare con alcune delle ragazze che sono
riuscite a scappare dai rapitori. Ringraziamo moltissimo Simoncelli
per il tempo che ci ha dedicato e per le notizie che ci ha voluto
fornire.
Come si
è preparato e organizzato per questo viaggio?
Rispetto
agli altri viaggi professionali, c'è stato da limare tutto l'aspetto
legato alla sicurezza. Sono andato nel Nord Est del Paese, cioè
nella parte più colpita da Boko Haram, e mi sono appoggiato ad una
mozione diplomatica che è stata portata avanti dall'ambasciata
svizzera e, una volta in loco, ho avuto il supporto tecnico-logistico
dell'American University di Yola, l'unica realtà accademica
internazionale nella zona del Nord Est che mi ha facilitato
fornendomi le “stringhe”: i traduttori, gli autisti e una
sicurezza fisica con guardie personali.
Ventuno
delle ragazze rapite sono all'interno dell'università di Yola: ho
avuto la possibilità di conoscere il Rettore - una professoressa
della California - e ho avuto l'accesso all'incontro con quattro
ragazze, nello scorso mese di febbraio, durante il periodo delle
elezioni.
Qual è
la situazione attuale in Nigeria?
La
situazione è di caos calmo. La Nigeria è, in realtà, un
continente. Non è enorme per quanto riguarda la superficie, però è
un Paese con 180 milioni di abitanti e il PIL di Lagos comprende, da
solo, 19 Stati africani.
C'è una
netta separazione tra Nord e Sud: un Nord poverissimo, arido e
prevalentemente musulmano e un Sud di varie confessioni cristiane,
più ricco, con una Lagos con un neoliberismo totale e una roccaforte
petrolifera, nel delta del Niger, in cui, secondo me, ci saranno i
problemi maggiori perchè ci sono dei guerriglieri che negli anni
passati sono stati artefici di molti rapimenti soprattutto di
imprenditori stranieri e che, nel 2009, hanno siglato questo tacito
accordo con il governo (in carica fino a maggio) in cui dicevano:
“Voi ci date parte delle royalties dell'estrazione del petrolio e
in cambio noi stiamo tranquilli”. Questo “patto”, con la
vittoria di Muhammadu Buhari, rischia di saltare.
Buhari,
inoltre, ha più di settant'anni, non si parlava di lui da tanto
tempo, è per la dissciplina ferrea, ma è sembrato l'uomo giusto
perchè il precedente governo è stato caratterizzato da una
fortissima corruzione, considerando anche che durante la dittatura
militare sono state uccise tante persone, è stata applicata una dura
censura giornalistica e sono stati incarcerati anche alcuni
politici. Ho paura, quindi, che sia stato fatto un voto di protesta,
mirato ad abbattere la corruzione e a tenere sotto controllo i
guerriglieri, attraverso la disciplina (perchè è stato un
generale), recuperando anche un esercito.
Prima di
essere rapite, dove vivevano le ragazze? In che condizioni le hai
trovate?
Le
ragazze vivevano a Chibok, città in uno dei tre Stati più colpiti da Boko
Haram, nel Nord Est. Si tratta di una zona desertica, dove non c'è
nulla: hanno vite semplicissime, in condizioni precarie e caldo
terribile. Ci sono scuole che, in realtà, sono costruzioni
fatiscenti. Le ragazze sono cristiane in un posto in cui la
popolazione è al 97% musulmana.
Prima
del rapimento, le ragazze andavano a scuola al mattino, al pomeriggio
si dedicavano alla famiglia, cucinavano insieme alle madri e
lavoravano nei campi. Non erano mai uscite dal villaggio e non
sapevano nulla di quello che passa nel mondo.
Io dico
che la ragazze con cui ho parlato, hanno avuto la “sorte” di
fuggire dai rapitori. Appena i guerriglieri sono entrati nella
scuola: alcune sono riuscite a scappare dalla finestra; due sorelle,
appena caricate sui sette camion dei guerriglieri, sono scappate in
corsa; altre sono riuscite a venire via dai campi di Boko Haram nelle
prime ore del mattino.
La
sorella di una delle ragazze rapite lavorava come guardia di
sicurezza all'interno dell'università americana ed è riuscita a
sapere che sua sorella era riuscita a scappare: ho chiesto,quindi, al
Rettore se si poteva fare qualcosa e, tramite un lavoro di squadra
anche con il Senato, sono riuscite ad ottenere un fondo di circa
50.000 dollari per creare delle borse di studio. Da Yola al luogo
dove sono state rapite, ci sono circa tre ore di autobus: il rettore
dell'università ha mandato la ragazza della sicurezza a Chibok che
ha iniziato a parlare con le famiglie delle studentesse, famiglie
spaventate e che avevano paura di mandare le ragazze in una realtà
occidentale anche perchè “Boko Haram” significa proprio “contro
l'istruzione, contro l'educazione”. Sono riusciti a convincere
alcune famiglie, i genitori che hanno dato il permesso di andare
all'università americana sono scappati e vivono in altri Stati. Le
ragazze sono state portate via dai villaggi, scortate dalle guardie
del corpo e si sono presentate ad una rotonda, senza sapere chi
sarebbe andato a prenderle, con un sacchetto di palstica che era
tutto il loro bagaglio e senza scarpe. Uno dei padri di queste
ragazze aveva due figlie, entrambe rapite: all'inizio le borse di
studio erano dieci e questo padre si è trovato a dover scegliere tra
le due figlie. Quando, arrivate alla rotonda, è stata fatta la
conta, l'uomo ha preso due fogli di carta e ha fatto un sorteggio: di
fronte a questa immagine, il Rettore ha concesso una borsa di studio
in più.
Quando
sono entrate nell'università, una di loro con cui ho parlato, mi ha
detto: “Pensavo di essere stata addormentata e di trovarmi negli
Stati Uniti perchè non ho mai visto delle strutture del genere”:
questo è stato il loro primo shock.il secondo è stato quello della
lingua perchè parlavano solo il dialetto locale. Tutti gli operatori
dell'università sono stati molto bravi a prendersi cura di loro,
anche a livello educativo: le ragazze hanno giornate piene di
lezioni, sono molto attive e una di loro vorrebbe fare il
pilota...Oggi usano Internet anche se fino a un anno fa non sapevano
cosa fosse un computer, ma non accettano il counceling psicologico e
cercano di farcela da sole. E' anche vero che sono le meno
traumatizzate perchè non hanno vissuto la prigionia e le torture,
resta il trauma del rapimento e tra noi c'era un patto: non parlarne
troppo.
Molte di
loro vogliono tornare a Chibok per migliorare la realtà locale e
questo mi ha colpito: vogliono creare fondazioni, senza negare la
realtà e nonostante siano ancora adolescenti.
Ci sono
notizie delle studentesse ancora in mano a Boko Haram?
Poco fa
(14 aprile 2015)
ho parlato con un giornalista nigeriano, che ha molti contatti con
Boko Haram e la verità assoluta non c'è. Ci sono due correnti di
pensiero: una sostiene che sono morte (tesi sostenuta anche dall'ONU)
e l'altra sostiene, invece, che per un qualsiasi gruppo terrorista (e
Boko Haram si trova in mezzo al nulla, con poche fonte di
approvvigionamento) avere 200 ragazze come ostaggi che tutto il mondo
rivuole, rappresenta una enorme possibilità di scambio e io sono più
per questa seconda ipotesi. Altri ancora sostengono che, quando
Buhari diventerà presidente (il prossimo 29 maggio), ci sarà un
colpo di scena e sarà proprio quello della liberazione delle
ragazze.
Tre
settimane fa sono state viste circa 50 studentesse ancora in vita ma,
ripeto, la verità non la conosce ancora nessuno.