venerdì 17 aprile 2015

La famiglia Bélier : la diversità raccontata con leggerezza




Madre, padre, fratello e minore e Paula. Paula è un'adolescente che cresce in una famiglia speciale: i suoi genitori e il fratellino, infatti, sono sordomuti. Siamo nella campagna della Normandia e i Bélier sono agricoltori e produttori di formaggio; infaticabili lavoratori, molto legati ai figli, vivono tutti in grande armonia. Questa è la situazione che apre il film intitolato proprio La famiglia Bèlier, nelle sale in questo periodo, film scritto a quattro mani da Stanislas Carre de Malberg e Victoria Bedos, candidato a sei nomination ai César. Il regista, Eric Lartigau, racconta la diversità con leggerezza, costruendo attorno ai personaggi una commedia frizzante, ma non banale.

Interessante, ad esempio, sono le modalità di comunicazione tra Paula e gli altri componenti della famiglia: il linguaggio dei segni oppure gli sguardi, insomma quella comunicazione non verbale che passa attraverso altri sensi e altre sensibilità. La ragazzina, che ha sedici anni, vive in un mondo silenzioso e si trova a dover fare da ponte tra i suoi affetti più cari e il mondo esterno: un ruolo non facile, soprattutto in una fase della vita, quella adolescenziale, in cui si vorrebbe essere al centro del mondo e delle attenzioni altrui. Paula, infatti, come tutti i suoi coetanei, inizia a desiderare un fidanzato ed è in cerca della propria identità. L'occasione si presenta tramite un concorso per entrare in una delle scuole di canto più prestigiose di Parigi. Paula vorrebbe partecipare, ma il suo allontanamento da casa preoccupa la famiglia che ha così tanto bisogno della sua presenza, sia nel lavoro sia come legame con la società esterna.

Originale la scelta di un linguaggio diretto, a volte sopra le righe di alcuni personaggi che si contrappone al mutismo dei Bélier e quella emancipazione riguardo alle questioni sessuali che suscitano sorrisi, ma che servono anche a non scadere nella retorica pietistica. Di respiro universale la riflessione tra le generazioni a confronto, un confronto spesso complicato che qui lo è ancora di più data la disabilità dei genitori. Bella l'idea che, nonostante un tipo di comunicazione non convenzionale, i componenti del nucleo si capiscano, litighino per poi tornare ad essere più uniti di prima. Da notare, infine, come anche la musica, in questo film, sia così importante da essere quasi, essa stessa, protagonista: non è un caso che Paula voglia iscriversi ad una scuola di canto. Lei, figlia di persone sordomute, ha un dono: quello di una voce meravigliosa e proprio con quella voce canta una canzone che si intitola Je vole e dice: “ Vi voglio bene, ma parto. Non fuggo ma volo, non sono più una bambina stasera”. Paula ha trovato la sua strada e tutti hanno imparato che l'amore passa anche attraverso l'autonomia e la libertà.