1915 –
2015: un secolo di cambiamenti e di trasformazioni. Un secolo di
guerre e di deportazioni. Un secolo, quello del '900, che ha cambiato
l'assetto geopolitico, economico e culturale del mondo. Cadono imperi,
operano e crollano dittature, si abbattono muri e ideologie, arrivano
la rivoluzione tecnologica e il nucleare. In tutto questo le basi e
le radici dei conflitti contemporanei. E un film, solo un film -
complice una notte di festività - riporta al centro i valori
positivi di un'umanità confusa e belligerante.
Joyeux
Noel – Una verità dimenticata dalla Storia
1914. La
Grande Guerra è iniziata da qualche mese: francesi e tedeschi si
combattono con assalti, colpi di baionetta e bombardamenti. Si lotta
ad Artois dove le trincee sono scavate talmente in fretta che si
trovano una accanto all'altra e i soldati di entrambe le fazioni
potrebbero quasi arrivare a parlarsi. In quei corridoi e cunicoli
tutti cercano di sopravvivere, di salvarsi la pelle e di tenere alto
lo spirito.
I
francesi sono supportati da una squadra di scozzesi, con a capo un
parroco anglicano - il reverendo Palmer - che tenta di scaldare gli
animi, nel gelido inverno che avvolge stanchezza e paure, con il
suono delle cornamuse e dei canti popolari; il tenente Audebert si
scontra con suo padre - uno dei generali convinti che il conflitto si
risolverà in breve tempo - e pensa con nostalgia alla famiglia
lontana, alla moglie che porta in grembo il loro bambino. Francesi,
tedeschi e scozzesi indossano divise diverse, ma combattono una
guerra che non sentono loro e che, probabilmente, nemmeno capiscono.
Si
avvicina, intanto, la notte di Natale: l'Imperatore Guglielmo II fa
recapitare - in quello squallore che sa di solitudine, di ferite e di
morte - alcuni piccoli abeti perchè dice: “ Natale è pur sempre
Natale”. Ed è il preludio di un miracolo: Nikolaus - un tenore
tedesco, accompagnato dalla moglie soprano, la danese Anna Sorensen -
incomincia a intonare un canto: è come se ogni singola nota del
celebre brano “Stille Nacht” facesse accendere una piccola luce
sugli alberelli natalizi, una luce che si fa simbolo di tregua e di
speranza, anche solo per un breve attimo. Al canto dei tedeschi,
infatti risponde - prima in maniera sommessa poi sempre più decisa -
la melodia dell' ”Adestre Fideles” da parte dei francesi e un
appaluso finale scioglie i cuori commossi. Il parroco scozzese si
prepara a celebrare la Santa Messa che sarà seguita da tutti i
soldati; questi si scambiano lettere, confidenze e strette di mano,
superando i confini delle rispettive trincee e l'odio imposto
dall'alto. Si riconoscono, tutti, in un unico destino, come esseri
umani, coinvolti loro malgrado in una situazione - la Guerra -
inconcepibile e crudele. E quella guerra - come purtroppo molte altre
a seguire – riprenderà il suo corso al primo bagliore dell'alba e
non si esaurirà in poco tempo e con poche vittime. Ma almeno per una
notte, la nascita di Gesù sospende la violenza e dà all'umanità,
alla compassione e alla fratellanza la sua benedizione, benedizione
che si rinnova di anno in anno e di cui ancora oggi si sente tanto la
necessità.
Può
sembrare incredibile, ma la vicenda raccontata in Joyeux
Noel – Una verità dimenticata dalla Storia è
accaduta realmente. Il regista - Christian Carion che ha già dato
prova di saper tratteggiare racconti cinematografici con riflessioni
intimistiche in Una
rondine non fa primavera
- nasce in Francia, proprio in uno dei dipartimenti occupati dai
tedeschi e gioca con i bossoli delle armi trovati nei campi. Quei
bossoli destano la sua curiosità tanto che, da grande, approfondisce
lo studio sulla Prima Guerra Mondiale per scoprire che la “piccola
pace” è avvenuta davvero, che i soldati hanno davvero cantato
insieme e pianto sulla struggente musica dell'”Ave Maria” e che
davvero hanno anche giocato una partita di calcio, non per sfida, ma
per il pure e semplice bisogno di recuperare un po' di allegria.
Tutto questo è ben testimoniato da verbali, documenti e fotografie
dell'epoca; è perfino confermato un episodio in cui un gatto viene
arrestato e giustiziato da un gruppo di belligeranti con l'accusa di
spionaggio!
La
pellicola di Carion è stata candidata agli Oscar 2006 come Miglor
Film straniero e presentata, riduttivamente, fuori concorso alla 58ma
edizione del Festival di Cannes. Joyeaux
Noel descrive
microstorie della quotidianità in trincea con intelligenza e
partecipazione, ma senza retorica: i nomi dati dai commilitoni alle
vie dei cunicoli per sentirsi a casa; una piccola sveglia caricata
tutti i giorni per non dimenticare le vecchie abitudini; il suono
della fisarmonica. Piccoli gesti per ritualizzare le giornate e per
riconfermare l'esistenza; per farsi coraggio e per continuare a
credere che ci sia un “perchè”, anche dopo aver sepolto un
compagno che, nella condivisione del caos e dell'orrore di un
conflitto, diventa un amico o un fratello, una parte di sé. Dietro a
ogni sguardo c'è una vita, c'è una storia che potrà continuare se
non verrà stroncata da una mano nemica. Ma esiste davvero un nemico?
La
narrazione inizia con la visione dello spettatore che coincide, in
soggettiva, con quella di un soldato: si vede il profilo della
trincea e, da una parte e dall'altra, si avverte lo sguardo attento e
pronto dei cecchini. Ma, in seguito, il punto di vista del regista e
del pubblico cambia per dimostrare - come in Orizzonti
di gloria
o in un altro bel racconto cinematografico che parla della guerra, El
Alamein
– che, in fonso, il nemico vero e in carne ed ossa non c'è. Si
tratta di un'ossessione, di un'eterna paura o forse di un bisogno
insito nella natura umana: il bisogno di rivalsa per confermare le
proprie capacità, il bisogno di esercitare la forza su chi è
considerato più debole per affermare la propria superiorità.
Ma
- in quel lontano 1914 - è bastato un canto, è bastata l'armonia,
universalmente riconosciuta, di un “Ave Maria” per livellare gli
odii incosapevoli e i soprusi senza senso e per far emergere la
sofferenza, la nostalgia e la fragilità che appartengono a tutte le
persone. Non è un caso che, in questo mondo tutto al maschile, vi
sia solo un personaggio femminile: una donna che sa cantare, una
moglie che sa amare, forse una futura madre che sicuramente saprà
insegnare ai propri figli il valore della pace, della solidarietà.
Forse gli sceneggiatori si sono rifatti proprio al messaggio di
Cristo che si è fatto uomo e alla Madonna che accetta di condividere
con lui, e con tutti, un destino di dolore e di resurrezione, un
insegnamento di amore e di resposabilità.
Un
film antimilitarista che alcuni hanno definito un “po' antico”;
ben venga tale definizione se “antico” significa girato con cura
e in maniera classica. Carion presenta e descrive i personaggi,
delineandone i caratteri e le pieghe dell' anima, cucendo , con un
montaggio fluido ed elegante, le piccole vicende particolari e
creando, così, un mosaico universale, valido anche nel nostro
Presente, tanto caratterizzato da altre battaglie, lotte e atrocità;
accompagna lo spettatore fin dentro le trincee per inserirlo nei
meccanismi complessi e assurdi della guerra, di qualsiasi guerra;
entra, con sensibilità, nelle singole storie dei “suoi” soldati
e giudica con severità la grande Storia che macina giovani vite e
alimenta illusioni di potere. Il pensiero dell'autore è espresso
chiaramente nella sequenza in cui, mentre il tenore avanza tenendo in
mano uno dei piccoli abeti di Natale donati dal Kaiser, la cinepresa
mostra, dall'alto, il campo di battaglia: una terra di nessuno,
punteggiata dai colpi delle granate e dai corpi esangui.
Abbiamo
citato in precedenza il capolavoro di Stanley Kubrick: chi, infatti,
può dimenticare il canto finale mescolato alle lacrime in Orizzonti
di gloria?
In Joyeux Noel la
musica è essa stessa protagonista: anche qui consola gli animi
feriti e la psiche debilitata dei soldati; riempie i vuoti affettivi
e gli smarrimenti emotivi; narra le passioni e i dolori; ricorda agli
uomini le proprie derive morali.
Una
riflessione, quella proposta dal film di Christian Carion che, come
accennato in precedenza, può essere utile anche e soprattutto alla
luce di ciò che sta accadendo oggi, tra mondo occidentale e mondo
mediorientale, tra confessioni cristiane e confessioni islamiche, tra
autoctoni e stranieri: la sete di potere, di rivalsa culturale,
religiosa o politica, acceca e fa dimenticare che gli uomini sono
tutti uguali perchè ognuno ha cuore e testa, affetti e pensieri,
istinti e ragione, ma in particolare, tutti prima o poi, siamo
destinati alla stessa fine. Questa finitezza della nostra condizione
dovrebbe far riflettere sulla bellezza della vita e sul rispetto per
ogni singola esistenza. Ecco perchè consigliamo questo film a grandi
e ai giovani che sono la speranza per il futuro: la gioventù di
molti è tutelata dalle certezze economiche e dalla sicurezza
familiare e sociale, ma per molti altri non è così. Chi vive, ogni
giorno, in uno stato di guerra sa cosa vuol dire vivere nella paura,
nella miseria, nell'orrore.
Una
“piccola pace”, allora, è un evento eccezionale all'interno di
un conflitto che dovrebbe essere altrettanto straordinario e forse
solo una preghiera - recitata o cantata in qualsiasi lingua (anche se
il doppiaggio italiano appiattisce le diversità!) e di qualunque
confessione religiosa - può ridare un senso a uno sguardo d'intesa e
a un abbraccio sentito.