Il nuovo
documentario di Walter Veltroni, dal titolo I bambini sanno, è
appena uscito nelle sale cinematografiche e fa riflettere il
fatto che un uomo, adulto, padre e con un ruolo pubblico importante
si ponga all'altezza di bambino per cercare risposte e domande. Gli
occhi, le espressioni, i gesti delle bimbe e dei bimbi riportano
tutto ad una dimensione più umana, vera, genuina.
Un
lavoro interessante perchè affronta temi seri e universali, ma anche
perchè li dipana senza infrastrutture ideologiche. Dare voce ai
piccoli è come ritornare ad un terreno incontaminato, da dove si può
ripartire per un futuro migliore.
L'Associazione
per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande a Walter Veltroni e lo
ringrazia per questa opportunità.
Da quale
assunto nasce il soggetto di questo documentario?
Sono
sempre stato molto affascinato dai bambini. Mi piace la loro purezza,
il loro modo di vedere le cose. Si pongono tantissime domande.
Anch’io lo ricordo sulla mia pelle, quando ero piccolo e mi
ritrovavo la notte da solo nella mia stanza al buio, quello era il
momento delle domande, la vita, la morte, la religione…Mi
interessava capire come ci vedono i bambini, come vedono il nostro
paese oggi.
Dove ha
incontrato i bimbi che ha ripreso e perché la scelta di parlare con
gli adulti e i cittadini di domani?
Abbiamo
visto 350 bambini in tutta Italia, alla fine ho scelto trentanove
bambini dagli 8 ai 13 anni. In quella fascia d’età si interrogano
su tutto poi, dopo i 13 anni, cominciano a darsi anche le risposte,
per questo mi interessavano i bambini proprio di questa età. Sono
all’avvio della vita, sono puri ma, allo stesso tempo, hanno una
grande profondità.
Certo
che ha posto loro domande impegnative...da qui il titolo del
documentario: ce lo vuole spiegare?
Per il
titolo sono partito da una citazione di Saint Exupéry: “I grandi
non capiscono mai niente da soli e i bambini si stufano di spiegargli
tutto ogni volta.” Ho scelto il titolo prima di girare le
interviste ma dopo ho capito che era giusto, che funzionava. Ho posto
delle domande su temi complessi, la crisi, la religione, l’amore,
l’omosessualità. I bambini hanno un loro sguardo su tutto,
rispondono con grande semplicità ma, allo stesso tempo, le loro
affermazioni sono dirette, efficaci, sorprendenti, oneste.
Interessante
che un uomo adulto si confronti con i più piccoli: quale può
essere, o dovrebbe la comunicazione oggi tra generazioni diverse?
Credo
che oggi ci sia poca comunicazione fra generazioni. Prendiamo il caso
dei bambini, noi adulti non li ascoltiamo mai veramente e invece loro
hanno una grande quantità di cose da dire. Nelle interviste del film
mi pare si siano sentiti liberi, ascoltati davvero. Se prendevano una
strada, li seguivo, andavo insieme a loro. A parte la timidezza
iniziale, erano a loro agio, nelle loro stanze mi hanno raccontato
anche cose che non avevano mai detto a nessuno.
La
comunicazione fra generazioni diverse ci aiuta a capirci meglio. Una
bambina, dopo aver visto il film ha detto: “Spero di portarci i
miei genitori così mi capiranno meglio.” Questa frase ci ha
colpito a tal punto che abbiamo deciso di metterla sul manifesto del
film.
C'è un
messaggio che vuole mandare, attraverso questo suo ultimo lavoro, a
chi come lei si occupa di politica?
Direi
che bisogna saper ascoltare e sapere quanto bisogno ci sia di
comunità oggi.