giovedì 24 ottobre 2013

In piazza con i cittadini eritrei








Un appello e una manifestazione che, come Associazione per i Diritti Umani, ci sentiamo di sostenere. Il testo e l'appello sono firmati dal Coordinamento Eritrea Democratica e altre associazioni (che leggete in calce) che ci hanno chiesto di pubblicarli.



La morte di queste persone si doveva e si poteva evitare.
All’interno dell’Unione europea si susseguono appelli, i politici ripetono frasi di circostanza, a cui però non seguono i fatti. Bisogna invece offrire un’alternativa a queste persone in fuga dalla dittatura, da guerra e violenze, altrimenti sono costrette ad affidarsi ai trafficanti di morte.
I morti continueranno a esserci finché non offriremo reali alternative di accoglienza.
Questo è l'ennesimo naufragio: dal 1998 oltre 20.000 esseri umani sono stati inghiottiti dalle acque del Mar Mediterraneo, e oltre 5.000 sono caduti vittime del traffico di organi umani nel Sinai; un numero imprecisato ha trovato la morte nel viaggio disperato nelle sabbie del Sudan e dell'Egitto. È ora di fermare una carneficina che dura da troppi anni.
Perché queste persone partono? Cosa le spinge ad assumersi rischi enormi nella traversata di deserti e mari? Più concretamente, osservando ad esempio che una grande percentuale di coloro che sbarcano sulle nostre coste arrivano dal Corno d'Africa, qual è la nostra posizione politica nei confronti dei governi di quei Paesi?
L'Eritrea è un carcere a cielo aperto: più di 10.000 perseguitati, buona parte rinchiusi in prigioni disumane, prigionieri per reati di opinione o politici. Si ignora quanti siano ancora in vita, quanti siano stati uccisi e/o siano deceduti. L'Eritrea è un paese chiuso a qualsiasi controllo umanitario, privo di stampa e di informazione libera, se non quella del regime. L'economia dell'Eritrea è morta a causa della completa militarizzazione del Paese. Le poche risorse provengono dalle rimesse degli emigrati. Bambini soldati e/o schiavi sono costretti ai lavori forzati e sottoposti a lavaggio del cervello. Un quarto della popolazione eritrea vive all’estero, il che ne fa uno dei Paesi con il più alto numero di rifugiati all'estero del mondo. I parenti in patria sono sottoposti a ricatti economici impossibili da pagare (in particolar modo l’odiosa imposta del 2% che grava sui redditi prodotti all’estero dalla diaspora), destinati alla tortura e alla galera.
In Eritrea Isayas Afeworki è al potere da esattamente vent'anni. È un uomo che viola
sistematicamente i diritti del suo popolo. Nonostante ciò l'Italia ha fatto e fa ottimi affari con lui.

È possibile che uno Stato come l’Italia, firmatario della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, collabori con associazioni e
consolati legati al regime eritreo che di fatto ledono diritti fondamentali e inderogabili?
È giusto che in uno stato di diritto i cittadini eritrei subiscano una doppia imposizione fiscale, frutto di persecuzioni e intimidazioni imputabili ai consolati o alle suddette associazioni o a persone fedeli alla politica del regime, residenti nel territorio italiano, che operano come veri e propri esattori di tasse in nome e per conto dello stato Eritreo?
Noi chiediamo una protezione completa e non parziale.
Che vengano valutate le ragioni della esistenza di ambasciata/consolati eritrei in Italia, presenza nociva e diseducativa per una convivenza civile e pacifica.
Crediamo sia interesse nazionale Italiano proteggere i suoi cittadini, pertanto chiediamo:

  1. Che l'Italia chiarisca la sua posizione con il governo eritreo

  1. Un indagine accurata sul sistema di tassazione eritrea del 2%, sul sistema di rilascio dei documenti e sulle garanzie di tutela ai cittadini eritrei


CHIEDIAMO INOLTRE ALL'ITALIA

  1. Che la legge Bossi-Fini venga modificata - integrata con nuove norme per i RIFUGIATI POLITICI e che si preveda una legge organica sull'asilo.
  2. Che si crei un corridoio umanitario per il DIRITTO D'ASILO EUROPEO (che permetta ai migranti bloccati in “paesi terzi” di raggiungere legalmente l’Europa) e che i pattugliamenti diventino azioni di soccorso e non di respingimento o rimpatrio forzato.
  3. Che si rafforzi la politica di accoglienza europea perché i paesi di approdo, come l'Italia, possano essere luoghi di prima accoglienza dove siano possibili i ricongiungimenti familiari con i parenti residenti in altri paesi europei per poter costruire un futuro.
  4. Per i defunti: chiediamo la RESTITUZIONE DELLE SALME alle loro famiglie in Eritrea, perché possano essere onorati almeno da morti.

Il regime attuale ci ha tolto la libertà conquistata per noi dai patrioti con la lotta di liberazione. La nostra presenza in Italia è la testimonianza del nostro involontario esilio.



Coordinamento Eritrea Democratica
Eritrean Youth Solidarity for National Salvation Italy
ASPER-ERITREA.Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo
ENCDC Europe
MOSSOB Comitato Italiano per Eritrea Democratica