di
Veronica Tedeschi
Nei
Paesi Occidentali parlare di violenza nelle scuole contro bambini o
ragazzi crea sempre stupore e incredulità, tanto da trasformare la
notizia in un corposo servizio giornalistico che sarà in grado di
oscurare le altre notizie per giorni.
Ed
è corretto così, la violenza sui bambini deve creare stupore; in
alcuni stati africani, però, questo tipo di emozioni non esiste,
l’incredulità si è trasformata in rassegnazione, in quanto tali
metodi sono diventati di routine in scuole e università.
“Il
governo alimenta un clima di paura e razzismo nelle università, in
particolare a Khartoum e Omdurman. Dalla fine di aprile i giovani
originari del Darfur sono vittime di una campagna di arresti
indiscriminati, violenze e abusi sessuali portata avanti dai servizi
di sicurezza legati al partito di governo” scrive Nuba Reports
sulla situazione nelle università del Sudan. Il presidente sudanese
Omar al Bashir il 2 giugno ha cominciato un nuovo mandato senza però
avviare un dialogo con le forze di opposizione e questo basterà a
non migliorare la situazione.
Le
conseguenze di tali soprusi sono molteplici, gli stessi bambini e
ragazzi possono diventare crudeli diventando a loro volta dei bulli o
ancora, la violenza nelle scuole è spesso associata alla
discriminazione contro gli studenti provenienti da famiglie povere,
da gruppi emarginati o con particolari caratteristiche. Parliamo di
violenze verbali ma anche fisiche o sessuali, come nel caso dei
giovani del Darfur; la violenza sessuale e di genere è spesso
diretta contro le ragazze ad opera di insegnanti e compagni di classe
maschi.
Come
accennato per la situazione del Sudan, tali violenze sono favorite
dall’incapacità dei governi di mettere in atto misure legislative
in grado di proteggere gli studenti dalle discriminazioni e dalle
violenze. Inoltre, le scuole sono le prime istituzioni che risentono
dei problemi che affliggono l’intera comunità in quanto composte
da soggetti particolarmente vulnerabili e considerate moralmente e
culturalmente importanti all’interno di una società.
Se
a questo problema si associa anche il tasso di bambini che non
frequenta le scuole, la situazione peggiora a vista d’occhio. In
Africa occidentale e centrale si registra il tasso più alto al
mondo: circa uno su tre, il 28%. Nel resto del continente, sono
almeno 10 milioni i piccoli in età scolastica che rimangono a casa.
Questa situazione e la sua non variabilità dipende dal riaccendersi
dei conflitti e da altre difficoltà legale alla lontananza delle
scuole o alla mancanza di risorse a famiglie estremamente povere.
Le
cose che si potrebbero fare sono tante ma per l’attuazione di
queste proposte è fondamentale l’appoggio dei governi e la volontà
di chi sta a capo della comunità.
La
soluzione più semplice potrebbe essere promulgare leggi che
proibiscano le punizioni corporali nelle scuole e nelle strutture
educative messe in atto sia da insegnanti che da altri soggetti come
i servizi di sicurezza - per riprendere ciò che accade nelle
università sudanesi - e mettendo in atto dei meccanismi in grado di
raggiungere questo risultato. Parallelamente si potrebbero creare dei
canali accessibili e adeguatamente pubblicizzati che consentano a
bambini e famiglie di denunciare le violenze in maniera sicura e
anonima.
Ancora,
creare programmi ad hoc che riguardino l’interno ambiente
scolastico e che comprendano ogni questione rilevante, compresa la
risoluzione non violenta dei conflitti e politiche anti-bullismo.
Per
quanto riguarda il problema della non frequenza dei bambini è
necessario ora più che mai mettere tra le priorità dei governi
centro africani l’istruzione, ad oggi sottovalutata e considerata
di scarsa importanza.
I
conflitti in atto in Sudan, Congo o Tanzania non devono influire
sull’istruzione, le scuole dovrebbero essere considerate “zone
bianche”, da non toccare ed evitare di coinvolgere in ogni tipo di
ostilità.
Inoltre,
un altro piccolo passo potrebbe essere quello di inserire all’interno
dei villaggi e dei paesi le scuole che, nella maggior parte dei casi,
si trovano fuori dal villaggio, molto lontane e difficilmente
raggiungibili a piedi.
Ci
sono diverse cose che si possono fare, manca solo la volontà dei
Governi ad una rivalutazione delle priorità da affrontare e una
completa attuazione di una normativa adeguata.