lunedì 9 novembre 2015

Sarà un Paese: l'alfabeto dei diritti

 
 





Sulle tracce dell’eroe fenicio Cadmo, cui il mito attribuisce l’introduzione in Grecia dell’alfabeto, Nicola, trentenne incerto sul futuro, e il fratello Elia, dieci anni, intraprendono un viaggio in Italia alla ricerca di un nuovo linguaggio, per ridare alle cose il loro giusto nome. In questo peregrinare, fatto di volti e luoghi, realtà dolorose e memorie storiche, la strada diventa percorso di formazione e insieme di esplorazione immaginaria. Nicola Campiotti, giovane figlio d'arte, riflette sul nostro Paese e vede nelle giovani generazioni la speranza per il futuro.



Il film Sarà un Paese è stato sostenuto dall'UNICEF e presentato lo scorso anno in occasione della 25mo anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, avvenuta il 20 novembre 1989. La giornata mondiale dei diritti dell'Infanzia e dell'adolescenza cade il 20 novembre di ogni anno.

 




L'Associazione per i Diritti umani ha rivolto alcune domande a Nicola Campiotti e lo ringrazia.



La narrazione segue un alfabeto dei diritti: quali sono quelli dell'infanzia maggiormente negati nel nostro Paese?


Il film è una sorta di mappa di quelli che, secondo me, sono i temi imprescindibili per un Paese civile e il filo che unisce questo percorso sono gli occhi di un bambino perchè il problema non è solo quello di delineare i diritti dell'infanzia, ma di rendersi conto che tutti i diritti devono essere rispettosi, anche dei bambini. Ad esempio, nel film si parla dell'aria che respiriamo, delle regole che ci diamo come comunità, del paesaggio che attraversiamo...Questo mondo si appresta ad essere delle nuove generazioni, per questo è importante il punto di vista di un bambino. L'episodio del'inquinamento è, infatti, il racconto di un bimbo ad altri coetanei.


Un altro argomento trattato è quello che riguarda la sicurezza sul lavoro...


Per quanto riguarda le morti bianche, l'Italia, purtroppo, ha il primato europeo. Nel film si racconta la storia di un ragazzo delle Marche che lavorava in una fabbrica dove un macchinario era stato manomesso, il dispositivo di sicurezza era stato tolto affinchè producesse più pezzi e, quindi, facesse un maggior profitto con tutte le conseguenze del caso.


E poi: i migranti e i loro figli che fanno fatica ad integrarsi...

 

L'Italia ha una legislazionemolto dura nel legittimare la cittadinanza ai figli di seconda generazione. Ho affrontato anche i temi dell' integrazione, della multiculturalità e della possibilità di immaginare un Paese che sia veramente il frutto di esperienze diverse, dal punto di vista culturale o religioso.

C'è una bella scena, ad esempio, di puro documentario in cui un ragazzino di 15 anni, nato in Egitto ma trasferitosi in Italia, dice a sua madre di sentirsi più romano che egiziano. In un'altra parte del film, invece, si racconta di un persorso di integrazione multireligioso e si dimostra che esponenti di Chiese differenti, in un Paese civile, potrebbero convivere.


Come ha sviluppato il soggetto del film dato che affronta, come abbiamo visto, molti argomenti?


Il film è un'esperienza umana e professionale molto lunga, durata tre anni e mezzo, con un girato di circa 150 ore.

La troupe è composta da sei persone e il motivo che sottende al film è una duplice esperienza: da una parte alcuni miei amici partivano per lavorare all'estero (per la difficoltà di farlo in Italia) e, parallelamente, ho due fratellini che mi costringevano a pormi delle domande.

Il film è dedicato a coloro che sono costretti a lasciare questo Paese e a chi lo sta per vivere.