sabato 14 novembre 2015

L’ evoluzione della tutela internazionale dei diritti umani in Africa


 
di Veronica Tedeschi




Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” (Art. 1 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo)



I diritti umani nascono con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948, momento dal quale nasce la così detta “era moderna” dei diritti umani caratterizzata dalla loro internazionalizzazione.

Gli Stati, recependo con modalità differenti questa dichiarazione, riconoscono gli impegni in essa contenuti di fronte alla comunità internazionale.

Il continente europeo si evolve prima degli altri con la creazione della Convenzione Europea dei Diritti umani nel 1950.

Negli Stati americani, lo sviluppo è stato molto lento e, solo prendendo come esempio la Convenzione Europea, nasce la Convenzione Interamericana dei diritti umani nel 1969.

L’ultimo ad allinearsi alla Dichiarazione del 48 è il continente africano.

L’impulso delle Nazioni Unite stimola i paesi della lega araba a lavorare sui diritti umani e, di conseguenza, si crea la lega degli stati arabi, nata “scimmiottando” il modello delle Nazioni Unite.

Nel 1994 si arriva, a Tunisi, ad adottare la Carta Araba dei diritti dell’uomo, nella quale non si specifica il rispetto della shari’a (come nei progetti precedenti della Carta); viene solo nominata nel preambolo e questo rappresenta un grande passo avanti per paesi così condizionati dal potere della shari’a. La Carta araba è vigente ma non funzionante perché accanto ad essa non è stato creato l’organo per controllare il rispetto della Carta.

Solo nel 2002 nascerà l’altra importante organizzazione regionale: l’Ua (Unione Africana) che rappresenta anch’essa un’evoluzione poiché non distingue i paesi ma abbraccia, per la prima volta, tutti i paesi del continente africano.

Tornando indietro nel tempo, al 1981, è necessario ricordare la nascita del primo importante testo per i diritti umani che, in un certo senso, si può affiancare alle due Convenzioni regionali precedentemente citate: la Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli: le fondamenta di questa Carta si basano sul fatto che l’uomo, in quanto singolo, non si sviluppa ma lo fa solo all’interno di una società.

I doveri dell’individuo, così come i diritti dei popoli, sono i due pilastri della Carta, che l’hanno resa originale e diversa dalle altre Convenzioni regionali.



La soggezione dei popoli a una dominazione e a uno sfruttamento straniero costituisce una negazione dei diritti fondamentali dell’uomo”.

La motivazione di una così importante espressione la si può ricondurre alla storia del continente segnata da una forte colonizzazione e sfruttamento. Il diritto dei popoli a disporre di se stessi e di tutti i diritti connessi sono presupposti indispensabili alla garanzia dei diritti dell’uomo, nel senso dei diritti della persona umana; ma essi non costituiscono in sé i diritti dell’uomo.

La Carta africana riafferma l’indivisibilità dei diritti dell’uomo aggregando in un unico documento i diritti di prima, seconda e terza generazione. Nello specifico, per diritti di prima generazione si intende il diritto all’uguaglianza davanti alla legge o il diritto di associazione; per diritti di seconda generazione si intende il diritto al lavoro in condizioni uguali e soddisfacenti o il diritto all’istruzione mentre il diritto ad un ambiente soddisfacente, il diritto alla pace e alla sicurezza internazionale sono diritti di terza generazione. L’introduzione di questi ultimi diritti è strettamente legata ai diritti collettivi dei popoli che, rintracciati in sei articoli della Carta, rappresentano uno dei caratteri più innovativi di questo strumento giuridico.

Bisogna comunque sottolineare il fatto che, nonostante la Carta africana ha la qualità di aver affermato in modo deciso il carattere collettivo di questi diritti, risulta ambigua la titolarità dei medesimi diritti, per esempio la concezione di popolo potrebbe essere strumentalizzata dalle entità statali in quanto non perfettamente specificata nella Carta.

In conclusione, molti sono i lati positivi di questa Carta ma, per completezza è necessario elencare tre importanti lacune: l’omissione di alcuni diritti garantiti dalla Dichiarazione Universale (diritto al matrimonio, diritto di cambiare religione) , l’eccessiva discrezionalità conferita agli Stati africani nella limitazione dei diritti garantiti dalla Carta e l’assenza nella Carta di disposizioni che prevedano e regolamentino la facoltà degli Stati parte di sospendere i diritti in circostanze eccezionali. Si dubita fortemente che i redattori abbiano voluto conferire carattere assoluto ai diritti contenuti nella Carta, quindi l’assenza di indicazioni rende, in ogni caso, invocabile la sospensione dei diritti facendo riferimenti all’art. 62 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.