sabato 21 novembre 2015

L'urlo contro il regime: gli antifascisti italiani in Tunisia tra le due guerre





L'urlo contro il regime: gli antifascisti italiani in Tunisia tra le due guerre è l'ultimo saggio di Leila el Houssi, docente presso l'Università di Firenze e coordinatrice organizzativa del Master Mediterranean studies presso la Facoltà di Scienze Politiche. In questo suo ultimo lavoro
affronta il tema dell'antifascismo italiano in Tunisia tra le due guerre mondiali e rimette in discussione il luogo comune secondo cui la numerosa collettività italiana presente nel paese nordafricano fosse totalmente schierata col regime fascista. In realtà, contro la dittatura di Mussolini e la sua propaganda sorse una corrente di opposizione i cui protagonisti furono membri dell'élite borghese liberale di appartenenza massonica, militanti del movimento anarchico, esponenti della classe operaia organizzata nei partiti della sinistra socialista e comunista e aderenti a Giustizia e Libertà. Nacque così un dinamico laboratorio politico animato da giovani italo-tunisini che vide nei primi anni Trenta la costituzione della sezione tunisina della Lega italiana dei diritti dell'uomo (LIDU) e, in seguito, l'apporto di personalità politiche come Velio Spano e Giorgio Amendola inviati dal Centro estero del PCI per dare respiro internazionale al movimento antifascista di Tunisia. Le vicende di questo nucleo antifascista sono state ricostruite attraverso l'analisi della stampa, della memorialistica e di una vasta documentazione reperita negli archivi tunisini, italiani e francesi.  
 
 
L'Associazione per i Diritti umani ha intervistato, per voi, Leila el Houssi e la ringrazia molto per queste sue parole.


Lei appartiene a due culture, quella tunisina e quella italiana. Quali sono le differenze e i punti di contatto?

Sono più numerosi i punti di contatto rispetto alle differenze. Sono entrambi Paesi mediterranei, sono vicini geograficamente e la cultura, quindi, è simile. Io non voglio vedere le differenze neanche a livello di popoli, forse sono altri che vogliono coglierle.
 
In che modo la comunità italiana si è integrata in Tunisia nel Passato? E, oggi, qual è il rapporto tra italiani e tunisini?
La comunità italiana si è storicamente inserita nel tessuto sociale tunisino già secoli fa e si tratta di un primo radicamento da parte di una immigrazione regionale (livornesi e siciliani) con delle peculiarità interessanti: i livornesi, ad esempio, erano di origine ebraica-sefardita ed erano una comunità nella comunità, mentre i siciliani – alla fine dell'800, a causa della povertà di un'Italia appena costituita – emigrarono in Nord Africa, in Libia e anche in Tunisia.
Nel corso del 1900 l'integrazione si è verificata anche a livello culturale, non solo territoriale: in molti testi, infatti, si racconta di come alcune comunità di siciliani parlassero una lingua mista di siciliano, arabo e francese.

Bourgiba e Ben Ali: è cambiato qualcosa, in termini di migrazione italiana, sotto questi regimi?

All'indomani dell'indipendenza tunisina, ottenuta nel '56 con Bourgiba, molti italo-tunisini dovettero emgrare verso la Francia. Negli ultimi vent'anni c'è stata un'immigrazione più legata ad aspetti economici: molti italiani, per esempio, hanno investito capitali in aziende tunisine oppure si sono trasferiti nel Paese alla fine della carriera professionale (questo è un fenomeno recente).

Cosa sta cambiando in Tunisia a livello sociale e culturale,a nche a seguito dei due attentati al Museo del Bardo e a Sousse?

Dal 2011 la Tunisia è cambiata molto: il Paese sta ancora percorrendo una transizione democratica perchè si tratta di un processo molto lungo e non facile: il processo è sottoposto a vari tentativi di destabilizzazione, pensiamo anche agli attentati politici del 2013, quando due esponenti sindacalisti sono stati assassinati. Ma è anche vero che la società civile sta lavorando per non essere vittima di queste destabilizzazioni; questo popolo ha vissuto anni e anni di dittatura, repressione e paura e non credo che voglia ritornare a vivere in quella situazione. Ormai la paura è stata spazzata via.

Come commenta l'assegnazione del Nobel per la Pace al quartetto tunisino?

Sono davvero molto felice. Credo che sia un riconoscimento importante perchè questo premio dà al popolo tunisino quella visibilità che merita perchè, per primo, ha rivoluzionato il proprio assetto politico in maniera tranquilla; e poi perchè è anche un riconoscimento, da parte della comunità internazionale, agli sforzi e ai sacrifici fatti per diventare anche un modello per l'intera area nord-africana e preservare tutto quello che è stato ottenuto fino ad ora.