9 maggio 1978: Peppino Impastato veniva ucciso a Cinisi. Da allora la madre, la Signora Felicia, non ha smesso di chiedere giustizia e verità. L'altro figlio, Giovanni, gira l'Italia, e non solo, per portare avanti la lotta dei suoi cari.
Per onorare la memoria e l'impegno di Peppino, Giovanni e della loro madre, parliamo del progetto MUNNIZZA, una mostra itinerante che verrà allestita anche in alcuni istituti scolastici italiani.
Ne parliamo con uno degli autori, Licio Esposito, che ringraziamo.
Come si è sviluppato il progetto “Munnizza”? Perchè questo titolo e come hanno partecipato i familiari (in particolare il fratello Giovanni) e gli amici di Peppino Impastato?
Il progetto Munnizza è nato da una esperienza vissuta in prima persona nel 2008 a Cinisi, al trentennale della morte di Peppino Impastato che ricorre il 9 di maggio. Nell’ occasione i Tetes de Bois, una band romana con la quale collaboro, ed io, siamo stati invitati da Giovanni Impastato per un concerto. Quella sera abbiamo vissuto una città distante e ancora lontana dall’aver metabolizzato la memoria di Peppino e quello che lui rappresenta. Il pubblico al concerto era composto prevalentemente da giovani di tutta Italia e da pochissimi di Cinisi. Tutte le finestre e i battenti erano ben chiusi, ora come trent’anni fa, e Giovanni dal palco ha puntato il dito verso quei battenti chiusi dicendo, “io so che siete dietro le finestre a spiarci, aprite, uscite e unitevi a noi..”. Noi abbiamo immaginato che dietro quelle fessure ci fossero tanti occhi che ci giudicavano. Si respirava un’aria pesante, insomma. Il giorno dopo Andrea Satta, Timisoara Pinto ed io ci siamo incamminati dall’albergo per andare a pranzo con Giovanni. In un vicolo siamo passati davanti a due ristoratori che chiacchieravano sull’uscio di un locale, e abbiamo sentito alle nostre spalle queste parole “…ma ‘a munnizza si paga tutti i giorni o una volta all’anno?”. Guardandoci negli occhi, senza capire bene, siamo andati avanti. Poi abbiamo chiesto a Giovanni cosa significassero quelle parole e lui ci ha detto che la “munnizza” siamo noi che invadevamo ogni anno Cinisi in memoria di Peppino e che già eravamo un giorno oltre quello tollerato, quindi ce ne dovevamo andare. E così, tornati a casa, Andrea ha scritto un testo ed io e Marta Dal Prato ne abbiamo fatto un cortometraggio illustrato, per non dimenticare quello che avevamo vissuto e soprattutto per contribuire a raccontare la memoria di Peppino Impastato. Nel 2012, alla presentazione di questo lavoro alla famiglia e agli amici di Peppino, proprio in casa Badalamenti, abbiamo esposto le illustrazioni originali utilizzate nel corto. Giovanni ha apprezzato l’idea, sostenendoci nell’impresa, e così gli amici di Peppino. Quest’idea nel 2013 è diventata una “mostra itinerante” che espone le tavole originali del cortometraggio, dei pannelli fotografici dell’archivio di Casa Memoria e testi che raccontano la vita di Peppino e Felicia Impastato. La mostra itinerante, in due anni, è stata esposta in diciassette città italiane e ancora molte altre richieste sono in calendario, e ha coinvolto tanti istituti scolastici e studenti, diventando pretesto per una indispensabile riflessione e un’approfondita conoscenza dell’opera politica e artistica di Peppino.
Quali riflessioni volete suscitare tramite le fotografie, dato che vi rivolgete anche e soprattutto ai giovani?
La mostra fotografica ha lo scopo di riportarci ad un periodo difficile, che molti, soprattutto i giovanissimi, non conoscono. La fotografia è la memoria di un popolo e, nel caso della storia di Peppino, è l’unica traccia del suo passaggio insieme alla sua voce impressa nelle registrazioni recuperate della trasmissione Onda pazza. Molti studenti vengono attratti e coinvolti dalle immagini che ritraggono Peppino nelle sue azioni artistiche, politiche e di vita quotidiana, prezioso materiale concessoci dell’archivio di Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato. Ritengo fondamentale l’ausilio di materiale fotografico nell’azione di recupero di una memoria, come ritengo fondamentale il lavoro che Giovanni Impastato fa da più di trent’anni in giro a raccontare la storia di suo fratello e di sua madre.
Qual è l'eredità più importante che ci hanno lasciato Peppino e la signora Felicia?
Peppino rappresenta in modo ancora attuale la lotta alla mafia e ai poteri forti che, come oscuri burattinai, manovrano una società in balìa di falsi miti e incredibilmente a corto di memoria. L’obbiettivo del progetto Munnizza è raccontare di Peppino Impastato ai giovani che non hanno avuto l’occasione di conoscerne la storia. Molti si chiedono la validità del suo sacrificio, a cosa sia servita la sua battaglia a viso aperto se poi ha trovato la morte e quindi se abbia perso mentre la mafia continua la sua strada. Noi crediamo che non sia così:“Peppino è vivo e le sue idee camminano con le nostre gambe”, perciò siamo ancora qui, dopo 36 anni, a parlare di lui e a portare in giro il suo pensiero, l’amore per la sua terra e il sogno di una politica responsabile e di una informazione libera. Siamo ancora qui ad ascoltare le storie che i suoi compagni ci raccontano e soprattutto a sostenere Giovanni, che continua a percorrere il solco tracciato da suo fratello Peppino. Di mamma Felicia ci restano la sua forza, il suo coraggio e la sua coerenza durati fino alla fine dei suoi giorni.
Da dove si può cominciare per demolire la cultura mafiosa?
“…il problema non sono i mafiosi, ma la cultura mafiosa dilagante.” Questo è quello che spesso Giovanni Impastato dice ai ragazzi e credo che si possa iniziare a combattere diffondendo la cultura non mafiosa, la cultura della verità e della bellezza, come Peppino diceva. E’ un enorme lavoro per tutti noi remare contro. Ma è l’unica speranza. Individuare la strada e le persone giuste come compagni di lotta, qualunque sia il tuo impegno o il tuo lavoro. Insomma bisogna riprenderci i sogni.