lunedì 26 maggio 2014

Un'altra Africa. Intervista a Gianni Biondillo



L'Africa non esiste , edito da Guanda, è il nuovo lavoro di Gianni Biondillo, un libro diverso da quelli che ben conosciamo dell'autore milanese.
Scrittore e viaggiatore, Biondillo ha visitato Eritrea, Ciad, Egitto, Uganda e Etiopia anche a seguito di alcune Ong e ci riporta un'immagine inconsueta del continente africano: un continente vivace e contraddittorio, ricco di materie prime e di cultura, dinamico e mai arrendevole. Un'Africa vicina a noi e lontana dai luoghi comuni.


Abbiamo intervistato per voi Gianni Biondillo che ringraziamo molto per la sua disponibilità.


Qual è l'Africa che non esiste?

 

Innanzitutto quella dei pregiudizi: quest'idea che esista un continente grande come un paesino, che è tutto uguale, da Nord a Sud, da Est a Ovest, quando anche soltanto per la dimensione geografica, l'Africa è smisurata. Come dico nell'introduzione: la distanza che esiste tra il Nord e il Sud è la stessa tra Portogallo e Cina, quindi non si può parlare di un'unica identità e di un'unica cultura.
E poi c'è l'Africa che non vogliamo vedere: gli sbarchi, le fughe, le guerre e noi ci giriamo dall'altra parte, come se fosse un problema che non ci appartiene, come se l'Africa fosse su un altro pianeta.

 

E' stato in Eritrea, Ciad, Egitto, Uganda e Etiopia: l'Etiopia, ad esempio, registra una crescita economica del 7,5% a differenza di quello che si può pensare in Occidente. Quali sono gli altri stereotipi da scardinare?


L'idea che noi abbiamo dell'Africa è legata ad un immaginario vecchio di cinquant'anni come, ad esempio, quello del bambino con il ventre gonfio e con la mosca agli occhi. E' un'idea - a volte anche un po' buonista – di un continente immobile e sempre uguale a se stesso.
In realtà l'Africa è un continente estremamente dinamico e contraddittorio. La demografia fa la differenza: solo la Nigeria fra una o due generazioni avrà una popolazione pari a quella europea e questo ci fa capire che non possiamo fingere di non sapere che tutto sta cambiando.
Quando sono stato in Etiopia - che è un viaggio molto particolareggiato nel libro – ho avuto a che fare con situazioni molto diverse tra loro. Già solo ad Addis Abeba ci sono gli slum, le bidonville, ma anche grattacieli e cantieri dappertutto. Anche l'economia e i referenti economici stanno cambiando: la sede dell'Unione africana, che sta ad Addis Abeba, è un edificio modernissimo, costato milioni di dollari ed è un regalo della Repubblica Popolare Cinese.


Ci può parlare del cimitero di Asmara e del cinema dei rifugiati in Ciad?


La prima volta che sono stato in Africa sono stato ad Asmara e ho scoperto l'esistenza di una città italiana a tutti gli effetti: negli edifici, nell'urbanistica, nelle abitudini: ho visto il passeggio, l'aperitivo, mangiare il babà...tutto questo fatto dagli asmarini e non da italiani.
Alla fine di un percorso della città arrivo al cimitero ed è pieno di italiani: storie di vite italiane, bloccate lì. Storie che non dovremmo dimenticare come non dovremmo dimenticare il nostro passato colonialista.
Il cinema dei rifugiati è un'altra cosa straordinaria per me perchè mi sono ritrovato al confine con la Repubblica Centrafricana (di cui solo oggi si inizia a parlare, ma già anni fa sono stato testimone dei problemi causati dalla guerriglia interna) e ho incontrato questo enorme campo profughi con tanta gente disperata, ma anche lì c'era un desiderio di speranza: si sono costruiti una baracca di legno e di paglia, hanno preso un televisore con delle videocassette e facevano una proiezione ogni sera, partecipatissima.

 

Come lavorano le Ong attive sul territorio?


Dipende dalle dimensione delle Ong. Certe cose mi hanno dato fastidio perchè la grande organizzazione umanitaria, famosa in tutto il mondo, raccoglie una grande quantità di soldi mentre ho la sensazione che queste grandi Ong siano solo degli “stipendifici” con persone che non si danno molto da fare.
Ci sono, invece, altre organizzazioni, piccole e con meno soldi, che lavorano bene nel campo dell'istruzione, della sanità o combattono contro la malnutrizione infantile. Più sono piccole e più facile risulta controllare la filiera, mentre più l'organizzazione è grande e più è facile che i soldi si perdano prima di arrivare sul territorio.


Comunque quello che ho capito è che più andavo in Africa e meno ne sapevo...