E' stato da poco approvato, in Italia, il decreto legge denominato “Piano Casa” secondo il quale è vietato l'accesso alla registrazione della residenza per coloro che occupano illegalmente un edificio.
Secondo
l'UNHCR (L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)
questo comporterebbe un ostacolo maggiore nell'inclusione dei
rifugiati in Italia che causarebbe anche una spirale di isolamento:
sarebbe difficile, per i richiedenti asilo, accedere alle cure
sanitarie, iscrivere i bambini a scuola, trovare un lavoro legale.
L'UNHCR
ricorda quante migliaia di persone siano costrette a sopravvivere in
palazzi abbandonati nelle più grandi città (Milano, Torino, Roma ad
esempio), sia per una mancanza di attenzione nei loro riguardi sia
per le contraddizioni burocratiche: senza la resindenza, infatti, non
è possibile ottenere una carta di identità e senza questo documento
è, ovviamente, impossibile accedere ai servizi socio-sanitari di
base con una conseguente privazione dei diritti fondamentali.
Dall'Italia
alla Turchia.
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L' Alto
commissariato delle Nazioni Unite è protagonsita anche ad Ankara, ma
in un altro senso: oltre 45 giorni di una resistenza tenace che si
sta svolgendo in un parcheggio, in Via Tiflis, proprio davanti alla
sede dell'UNHCR. Si tratta di rifugiati afghani - donne, uomini e
anche bambini - che protestatno per i gravi ritardi nelle risposte
alle loro richieste di asilo politico.
La
comunità afghana in Turchia si è riunita grazie a Internet e a
Skype per poi radunarsi nel parcheggio, con tendopoli e cartelli
scritti in persiano, turco e inglese. Tutti chiedono che venga dato
risalto alla protesta perchè temono di essere deportati di nuovo in
Afghanistan e di dover tornare sotto l'incubo del regime talebano, ma
nello stesso tempo, sono stremati dal fatto di dover rimanere
bloccati in un “limbo”, senza destinazione, senza lavoro, senza
casa e senza nessun tipo di assistenza, anche perchè per molti di
loro, privi della cittadinanza UE, la Turchia può essere soltanto un
Paese di transito.
C'è chi
ha iniziato lo sciopero della fame e c'è chi si è cucito le labbra:
ma siamo noi a dover dare voce a chi ha provato a chiedere più volte
e poco è stato ascoltato.