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301: questo è il numero delle vittime della tragedia avvenuta in miniera. Siamo a Soma, in Turchia. E il popolo si mobilita, si alza il livello di rabbia contro il governo di Erdogan accusato di non aver garantito norme di sicurezza adeguate in nome del guadagno perchè, a seguito della privatizzazione della miniera, il costo di una tonnellata di carbone è sceso a 24 dollari - contro i precedenti 130 - e tutto sulla pelle dei lavoratori. E allora anche Smirne, Ankara, Istanbul si uniscono a Soma, alle famiglie dei minatori, tutti cittadini che non accettano di barattare le proprie vite e quelle dei propri cari in nome di una modernità che arricchisce pochi e potenti e annienta gli altri. La risposta della polizia è stata dura: i manifestanti sono stati caricati con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e cannoni ad acqua.
Abbiamo già affrontato tante, troppe volte, il tema delle morti sul lavoro: con il film di Costanza Quatriglio dal titolo Con il fiato sospeso, con il romanzo La fabbrica del panico di Stefano Valenti, con il pezzo sugli operai cinesi che persero la vita nel rogo di Prato e altre situazioni che abbiamo riportato, di volta in volta, nei nostri articoli o attraverso le parole, i ricordi, le testimonianze di chi ci ha rilasciato le interviste.
In ogni parte del mondo le regole spietate del capitalismo mietono vittime, rubano le esistenze di donne, uomini, spesso anche bambini. Non è mai sufficiente continuare a ripetere che le regole del mercato vanno cambiate, che non ci possono più essere persone di serie A e persone di serie B e che ricominciare dall'etica e dall'umanità sarebbe l'arricchimento più grande.