giovedì 25 luglio 2013

Violenza sulle donne a Tahrir, di Vincenzo Mattei

Vincenzo Mattei ci ha dato il permesso di pubblicare questo suo articolo, uscito su Il Venerdì di Repubblica il 6 giugno 2013. Lo pubblichiamo molto volentieri e ringraziamo il giornalista.


Le violenze sessuali a sfondo politico erano molto usate dal regime di Mubarak. Recentemente hanno ripreso piede. I Fratelli Musulmani hanno ereditato questa pratica”. Nahla Enany, 23 anni, è seduta al Café Riche, uno degli storici bar del centro de Il Cairo, frequentato spesso da giornalisti locali ed internazionali, insieme a Azza Balba, Nour El Oda Zaky, Marwar Nissar, Bussana Said e altre signore di mezz’età. Sono tutte attiviste, giornaliste e membri di vari partiti politici come El Dustur (La costituzione), Tayraan Shaabi (Corrente Popolare) e El Tugammau. Sorseggiano il tè e parlano di quello che succede nel paese in mezzo alla spessa coltre di fumo delle loro sigarette.
Nahla parla senza sosta, spiega con quali tecniche e in quali occasioni le violenze vengono messe in pratica: “Bisogna fare una differenza tra violenze perpetrate dal singolo e quelle dal gruppo”. Quest’ultime sono ben preparate ed organizzate con lo scopo di demolire totalmente la volontà della donna. “In tutte le testimonianze di aggressione che abbiamo nei nostri file, non ce n’è nessuna che parla di volontà dell’aggressore di toccarla, ferirla con lame affilate. Violenze che accadono solo durante manifestazioni e marce politiche. Dobbiamo sensibilizzare la gente”.
Nahla è sdegnata: “Se mi capita qualcosa, con chi vado a lamentarmi? A chi vado a denunciare l’aggressione, alle autorità? Ma sono queste che incoraggiano gli assalitori! “C’è solo un modo: agire con associazioni come Tahrir Bodyguard, Benet Masr e OPantiSH (Operation anti Sexual Harassemnt)”, dichiara.
Surayya Bahagat è la fondatrice di Tahrir B.G. Il 25 gennaio era scesa in piazza per l’anniversario della rivoluzione ma è stata assalita da alcuni uomini. Ha sfogato la sua collera e la sua indignazione aprendo l’account di Tahrir.B.G. su Twitter e, nel giro di poche ore, aveva già migliaia di followers. L ‘associazione organizza corsi pratici di autodifesa personale e teorici per insegnare alle donne le modalità di aggressione e come evitare il pericolo; diffonde informazioni, sia in strada che su internet, per sensibilizzare gli egiziani su questa terribile piaga che sta affliggendo il paese.


Quello che accade in piazza Tahrir è un attacco politico, molto ben organizzato. Le tecniche che gli aggressori per violentare o molestare le donne sono ben studiate: come circuirle, come isolarle, accerchiarle. Vogliono allontanare il mondo femminile dalla piazza. e E invece noi dobbiamo esserci per denunciare le violenze”. “I corsi di autodifesa sono aperti a tutte, non solo alle egiziane”, dice Zeinab Sabet, collaboratrice di Surayya, tra le prime volontarie del progetto. “È un ottimo modo per aiutare le donne. Non fermerà le violenze, ma non saranno colte alla sprovvista. Con i social network diffondiamo informazioni A Tahrir facciamo volantinaggio, parliamo con le persone, cerchiamo il loro aiuto, diamo numeri di cellulari da chiamare in caso di necessità”
I ragazzi e le ragazze che aderiscono a Tahrir.B.G, portano dei gilet rifrangenti ed elmetti gialli da carpentiere in modo da essere notati facilmente . Insieme all’associazione Benet Masr (i cui ragazzi indossano magliette bianche con la scritta in rosso “Contro le violenze sessuali”), a febbraio hanno organizzato la “Marcia delle donne”, partita dalla moschea di Zeida Zeinab. Hanno partecipato in tante, bambine, anziane, politiche e donne in carriera, semplici cittadine, madri di famiglia … La marcia ha un valore intrinseco che è quello di far partecipi i passanti ignari. Molte egiziane si fermavano sui marciapiedi e domandavano i motivi della manifestazione. La loro reazione positiva si poteva leggere dall’espressione entusiasta e dal segno di approvazione dei loro volti. Gli slogan più gettonati erano: “Non rimarremo in silenzio”, “Non ci piegherete”, “Non fuggiremo via”, “Venite ad affrontarci voi stupratori, perché non abbiamo nessuna intenzione di starcene a casa!”.


Nancy Omar, è la presidentessa di Benet Masr: “Ai corsi spieghiamo che cosa sono le molestie, i vari tipi di molestatori, simuliamo possibili attacchi a sfondo sessuale. Insegniamo ai volontari a capire le diverse tipologie delle vittime e degli aggressori, come una ragazza può reagire: c’è chi ammutolisce nel panico, chi picchia l’aggressore o chi viene presa dall’isteria”.
C’è anche una rete di comunicazione passaparola tra i membri e il loro circolo di amiche.
I volontari che vanno porta a porta nei quartieri a fare volantinaggio. E a parlare con i venditori ambulanti che sono a Tahrir per aiutarci: hanno i nostri numeri di cellulare, se accade qualcosa ci avvisano immediatamente. Noi cerchiamo di istruirli per riconoscere le situazioni di pericolo durante gli scontri, e sapere come comportarsi”
Sul perché quest’escalation di violenze nei confronti delle donne, Nancy non ha dubbi.
la donna è presente ai seggi elettorali, controlla il regolare svolgimento del voto. Partecipa alle manifestazioni, e tra le urla la sua voce si distingue. Più acuta e sovrasta quella degli uomini. Il ruolo della donna nella società è molto più attivo di quello degli uomini, c’è una dedizione. Ha un senso di giustizia più profondo, e non vuole che nessuno le rubi la sua libertà. Il nostro corpo è qualcosa che ci appartiene, non esiste nessuno che ha il diritto di violarlo. Qualcuno vede come una minaccia l’impegno della donna egiziana nella costruzione della società, la sua partecipazione”
Senza le donne la piazza non ha la stessa forza
Meno della metà. Quello che è successo il 25 gennaio per il 2° anniversario della rivoluzione è stato meschino”, violenze e stupri di gruppo, l’uso della forza bruta e di armi da taglio.
Nour El Oda Zaky, giornalista, attivista e membro del partito Dustur aggiunge il suo punto di vista …“Gli attacchi mirano a distruggere psicologicamente la donna egiziana, per allontanarla dalla politica. Dopo aver tentato di tutto a livello nazionale, ci muoveremo a livello internazionale. Sottoporremo il caso al Tribunale dell’Aja, per far condannare il governo egiziano responsabile di tali reati. Vogliamo una condanna contro il Presidente della Repubblica egiziana, per la sua responsabilità politica, e una condanna penale contro il Ministro degli Interni perché non ha garantito la sicurezza a Tahrir”


Grazie al costante lavoro e alla presenza delle diverse associazioni a Tahrir, i casi di violenze sono diminuiti drasticamente, anche se il pericolo è sempre dietro l’angolo. Questi movimenti non sono sufficienti ad sradicare i soprusi senza l’aiuto dei grandi nazionali. E sarà importante il ruolo e l’azione del governo, nell’approvare nuove leggi, più moderne, e una riforma strutturale delle forze di polizia.
Il cammino da percorrere è ancora lungo.




Vincenzo Mattei