Brasile-Spagna:
3-0. Con questo risultato il Paese sudamericano ha vinto la
Confederations Cup e la Presidentessa, Dilma Roussef, ha telefonato
al ct Felipe Scolari per congratularsi. Mentre nello stadio si
esultava, fuori si protestava.
Dopo le
manifestazioni di piazza contro gli sprechi, la corruzione e
l'inefficienza dei servizi, la Roussef crolla nei sondaggi, passando
dal 57% al 30% a fine giugno, anche dopo aver proposto un referendum
popolare per capire quali siano le riforme necessarie e prioritarie
per il Paese. Referendum che i manifestanti hanno accolto con
scetticismo. “Siamo stanchi di questi politici che non fanno altro
che promesse”, “Il governo è stato destabilizzato dalla forza
delle persone che hanno deciso di reagire. Adesso, con un gesto
disperato, propongono una rivoluzione politica” oppure “Il
governo non può essere sempre l'unico che paga. Così le compagnie
private fanno profitti che restano segreti per legge”: queste
alcune dichiarazioni di uomini, donne, giovani e meno giovani, che
rispondono alla convocazione del referendum che dovrebbe ripristinare
i diritti civili e sociali.
E,
intanto, in uno dei Paesi per i quali si parla di “economia
emergente”, cosa succede sul fronte dei diritti umani?
Anche
durante lo scorso mese di marzo le piazze si sono riempite di
persone, ancora per protesta. Una protesta contro l'elezione di Marco
Feliciano come Presidente della Commissione per i Diritti Umani e
Minoranze.
Deputato
del Partido Social Cristiano, Feliciano si è fatto conoscere per le
sue dichiarazioni omofobe e razziste: ha più volte, infatti,
qualificato le lotte per i diritti della comunità Lgbt come
“attivismo di satana” e sostenuto che “un negro è un negro e
non può cambiare”. La sua elezione è stata sostenuta dalla
bancada evangelica che,
cercando di colpire la laicità dello Stato, ha condizonato la stessa
vita politica contestando, ad esempio, la Roussef sul tema
dell'aborto durante la campagna elettorale.
Il
Movimento nazionale brasiliano per i diritti umani ha minacciato di
portare il caso davanti all'Organizzazione degli Stati Americani
(Osa) e all'ONU, così come le istituzioni religiose progressiste si
sono dette contrarie alla nomina del pastore evangelista: ma
Feliciano è ancora al suo posto e le vittime di discriminazione
continuano ad essere afrodiscendenti, indios e contadini senza terra.
Ma
non è finita qui: secondo le ultime notizie, si legge che, proprio
in questi giorni, sia stata installata un'altra commissione che
riguarda i diritti umani: la Commissione Verità, che dovrebbe far
luce sulle violazioni avvenute tra il 1946 e il 1988.
Sette
commissari e quattordici tecnici dovranno appurare i fatti che
riguardano le violenze commesse sia da parte dello Stato sia da parte
dei gruppi di guerriglia che lottarono contro la dittatura, gruppi di
cui fece parte la stessa Dilma Roussef.
Due
anni di tempo per ascoltare testimonianze, raccogliere materiale,
convocare gli accusati: le indagini, in particolare, si
focalizzeranno sul periodo tra il 1964 e il 1985 quando al potere
salì la giunta militare, dopo il celebre golpe appoggiato dagli Stai
Uniti: 21 anni di repressione e 475 persone desaparecidos
ufficialmente. Ma sono state molte di più.
“La
Commissione non ospita risentimento, odio e nemmeno perdono. E'
appena il contrario dell'oblio”, ha dichiarato in lacrime la
Presidentessa. Mentre i responsabili delle violenze e delle
violazione dei diritti umani continueranno a godere dell'amnistia
approvata nel 1979.