“ Vorrei
fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e
a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia
sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più
solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che
ancora ci sono nel mondo...Ognuno, secondo le proprie possibilità e
responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a
tante ingiustizie sociali. Non è la cultura dell'egoismo,
dell'individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che
costruisce e porta a un mondo più abitabile, ma la cultura della
solidarietà; vedere nell'altro non un concorrente o un numero, ma un
fratello...Desidero incoraggiare gli sforzi che la società
brasiliana sta facendo per integrare tutte le parti del suo corpo,
anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta contro la
fame e la miseria. Nessuno sforzo di 'pacificazione' sarà duraturo,
se non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora,
che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se
stessa”.
Queste
alcune frasi pronunciate da Papa Francesco durante la sua visita alla
favela di Varginha, a Rio de Janiero.
Il
pontefice è tornato in Italia. La Confederation cup è terminata e,
per un po', si spegneranno i riflettori sul Brasile in attesa dei
Mondiali di calcio e delle Olimpiadi.
I
brasiliani - pochi mediamente ricchi e tanti poveri - torneranno alla
loro quotidianità, quella gente che è scesa in piazza per
protestare contro un'economia capitalistica escludente e contro quei
governanti che risolvono i problemi sociali solo in maniera
superficiale, come era scritto su uno dei tanti striscioni che
sfilavano durante le manifestazioni e che recitava: “Un Paese muto
è un Paese che non cambia”, quelle persone che sulla spiaggia di
Copacabana ascoltava e applaudiva le parole di Bergoglio quando
faceva appello alla solidarietà.
Il
presidente operaio Lula prima e Dilma Roussef poi si sono trovati a
dover gestire una situazione economica disastrosa, eredità del
precedente governo neoliberale di Fernando Enrique Cardoso. Lula si
vide costretto a riadattare la sua politica in base alle richieste
delle multinazionali e dei latifondisti e la Roussef ha continuato il
suo operato avvicinandosi alla bancada
ruralista - proprietaria
della terra per la quale sono stati assassinati molti contadini e
leaders sociali - e alla chiesa evangelica (e ricordiamo che la
Commissione dei diritti umani è stata affidata ad un pastore
evangelico, omofobo e razzista di cui abbiamo parlato in un
precedente articolo). Per non parlare della persecuzione nei
confronti del Movemento Sem Terra.
Il
popolo brasiliano si è stancato: è sceso nelle piazze di tutte le
città per dire “basta” all'aumento del costo del biglietto de
mezzi pubblici; alle tremende condizoni di lavoro degli operai
impegnati nella costruzione di impanti sportivi faraonici; al
progetto del treno ad alta velocità, che dovrebbe collegare ventidue
quartieri di Fortaleza, ma che comporta la sparizione dei barrios,
costringendo
le persone ad abbandonare le propie case; alla privatizzazione
merchandising sportivo da parte della Fifa che spazzerà via i
piccoli veditori ambulanti.
La
rabbia è esplosa, l'esasperazione è al limite. Le parole di Papa
Francesco sono arrivate al cuore degli abitanti delle periferie
brasiliane e di tutto il mondo, ma devono arrivare alle orecchie di
chi ha il potere di avviare il cambiamento e promuovere
l'uguaglianza.