Che si tratti di una vera riforma e che siano state introdotte importanti innovazioni rispetto alla precedente legge del 1987, ventisette anni fa, nessuno può metterlo in dubbio. Il testo approvato ieri alla Camera dei Deputati è il risultato di un intenso e sistematico lavoro iniziato circa tre anni fa, riprendendo il cammino interrotto negli anni precedenti, che ha visto un’ampia partecipazione e approfonditi confronto fra le diverse parti: il Parlamento, i partiti politici e il Governo, le reti delle Ong di cooperazione e solidarietà internazionale, il Forum del Terzo Settore, le Regioni e le Autonomie locali, ministeri e istituzioni coinvolti, il sistema cooperativo, le associazioni di impresa, le università e la ricerca, esperti nazionali e internazionali.
Le reti delle ONG hanno assicurato il massimo impegno, costituendo un gruppo di lavoro che ha mantenuto una costante interlocuzione con la politica e con gli atri soggetti della cooperazione internazionale. Ponendoci con un’unica voce, abbiamo presentato e motivato proposte e suggerimenti per migliorare i testi proposti, fino all’ultimo disegno di legge governativo del 24 gennaio 2014 e per tutto il suo esame in sede parlamentare.
Le richieste presentate dalle ONG nel percorso parlamentare
Si chiedeva, in particolare, di:
- superare il concetto di APS, aiuto pubblico allo sviluppo, adottando l’espressione CPS, cooperazione pubblica allo sviluppo; mettendo fine all’ormai limitato concetto donatore-ricevente per puntare sul rapporto di cooperazione e partenariato, dall’azione per sradicare la povertà, allo sviluppo sostenibile, ai diritti umani, alla pace.
- esprimere nel primo articolo della legge i principi fondanti e le finalità, quale indispensabile riferimento per l’Italia e tutti i soggetti della cooperazione,
- dare ampio riconoscimento ai vari soggetti della cooperazione allo sviluppo, nazionali e territoriali, pubblici e privati, non profit e profit, con le loro specificità e competenze, pur rimanendo la dimensione non profit emblematica e insostituibile per i valori che comunica,
- definire il chiaro riferimento politico, nella figura di un viceministro con pienezza di deleghe, all’interno di un “ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale”, quest’ultima intesa come parte qualificante della politica estera italiana,
- confermare il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, quale luogo di indirizzo politico, di programmazione con visione triennale, di coerenza delle politiche governative con le finalità della cooperazione allo sviluppo,
- rafforzare i poteri di indirizzo e controllo del Parlamento,
- definire una funzione politico-diplomatica e non più gestionale per la DGCS, Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo,
- attribuire reale autonomia organizzativa, regolamentare, contabile, patrimoniale e di bilancio dell’Agenzia esecutiva, competente, snella e efficiente, organizzata sulla base di criteri di efficacia, economicità, trasparenza e con un organico qualificato e proporzionale alle risorse da gestire e ai ruoli da svolgere, selezionato e qualificato,
- definire con chiarezza la responsabilità e l’attribuzione di competenze degli organi decisionali,
- assicurare unitarietà, trasparenza e pubblicità agli stanziamenti annuali complessivi attinenti alla cooperazione allo sviluppo, fissando che gli stanziamenti stabiliti non possano subire riduzioni e che le risorse non impegnate nell’esercizio siano riportate per intero all’esercizio successivo, al fine di poter garantire il rispetto degli impegni assunti nelle sedi internazionali e con i paesi partner,
- riportare l’Italia in linea con gli impegni e gli obiettivi assunti a livello europeo e internazionale, gradualmente, ma entro un periodo certo e definito,
- definire e formalizzare, rendendola regolare e sistematica, la partecipazione dei soggetti pubblici e privati, non profit e profit, alla definizione delle strategie, le linee di indirizzo, la programmazione, le forme di intervento, la valutazione dell’efficacia,
- riconoscere il valore delle organizzazioni della società civile ed in particolare il bagaglio storico, di conoscenze e esperienze, accumulato dalle Ong specializzate, valutandone la reale professionalità, qualità ed efficienza, rimuovendo barriere fiscali e normative che non facilitano il loro lavoro, valorizzando il volontariato internazionale, promuovendo attività di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica,
- stabilire per i soggetti profit criteri di valutazione basati sull’adesione agli standard di responsabilità sociale in materia di investimenti internazionali, il rispetto delle clausole sociali e ambientali e delle norme internazionali sui diritti umani e sul lavoro dignitoso, la verifica dell’osservanza di tali standard e clausole.
Richieste sostanzialmente recepite nella legge. Ora il regolamento:
Già il testo approvato dal Senato il 25 giugno scorso aveva recepito molte delle richieste delle Ong, del Forum del Terzo Settore e della società civile. Quello approvato ieri dalla Camera le ha ulteriormente accolte. Non tutto è stato incorporato nel modo da noi auspicato e rimane sospeso il giudizio sull’esclusività del rapporto con la Cassa depositi e prestiti introdotta con un emendamento dell’ultimo minuto, perché necessita approfondimento. Ma il nostro giudizio complessivo sulla nuova legge, pur rimanendo un testo mediato tra differenti posizioni politiche, è certamente positivo.
La prossima tappa è il regolamento attuativo. Importante quanto la legge. Le Ong, con gli altri soggetti interessati, seguiranno la sua definizione nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della legge.