Cari
lettori,
abbiamo
rivolto alcune domande alla giornalista Laura Silvia Battaglia,
esperta di Iraq e Medioriente, che ringraziamo molto perchè ci aiuta
a capire meglio cosa sta accadendo in Iraq in questo periodo.
Laura
Silvia Battaglia è anche reporter e ha realizzato due importanti
documentari: Unknown
Iraq,
vincitore del premio “Giornalisti del Mediterraneo 2013”, e
l'ultimo dal titolo The
sound of theTigris.
Quali
potrebbero essere le conseguenze sugli equilibri nel resto del
Medioriente e nei rapporti con l'Occidente?
Patrick
Cockburn avvertiva in un’inchiesta dell’Independent nel 2009: “La
mazzetta in Iraq è uno stile di vita”. Nel 2013/2014 non è
cambiato nulla. Secondo il Corruption Perception Index del 2012
l’Iraq è il quinto Paese più corrotto al mondo su 176 ed è il
più corrotto in assoluto in Medio Oriente. Qui si paga per ottenere
un lavoro, andare dal medico, ottenere il passaporto. E se il
cittadino non è in grado di pagare (e non lo è la maggior parte
della popolazione) non usufruirà del servizio finché non troverà
un altro metodo di pagamento, sotto minaccia. C’è anche l’economia
sommersa, a cui parteciperebbe almeno il 70% della popolazione
irachena a vario titolo: da chi è impegnato nel mercato nero del
petrolio (quantificabile nel 10% del traffico complessivo all’interno
del paese e nel 30% verso l’estero) a chi si dedica al commercio
illecito di armi e attrezzature mediche ospedaliere; fino a tutti i
membri della polizia, ai giudici e ai funzionari corrotti che
intascano tangenti e mazzette per i motivi più futili e che costano
alle tasche dei cittadini iracheni 4 miliardi di dollari l’anno.
Cosa chiedono, in particolare, i giovani?
Cosa
sta accadendo in Iraq e quali sono i pregressi di questa situazione?
Sta
accadendo la federalizzazione/balcanizzazione dello Stato iracheno.
Una soluzione pianificata da tempo dagli Stati Uniti, incardinata
nell’ordinamento della nuova Repubblica islamica d’Iraq da parte
dell’establishment sciita e curdo, incoraggiata da tutti gli attori
regionali, come l’Arabia Saudita, che operano affinché il nuovo
Iraq, ormai una provincia sciitizzata del vicino Iran, non diventi di
nuovo una potenza economicamente dominante come ai tempi di Saddam.
La
federalizzazione imposta sarà la conseguenza naturale di una guerra
civile per il potere, il petrolio, il denaro, che vede in campo gli
iracheni ma dietro le quinte Iran da una parte e Arabia Saudita
dall’altra, mentre gli investitori europei, cinesi e russi stanno a
guardare, sperando che i loro interessi economici nel fiorente
mercato della ricostruzione post-guerra ricevano meno danni e scosse
possibili. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno già provveduto a
una parziale indipendenza energetica, sviluppando l’economia verde
e il fracking sul suolo statunitense. Chi ha da essere preoccupato,
sotto il profilo economico ed energetico, è l’Europa e la Cina.
Se
questo vale sotto il profilo geo-politico, va ricordato che
l’avanzata di Daesh o Isil (al-Dawla
al-Islāmiyya fī al-ʿIrāq wa al-Shām)
ha un suo perché e giustificazione. Essa è presentata come una
invasione di un gruppo terroristico in area siro-irachena. Il gruppo
ha come fine dichiarato la realizzazione di uno stato sovranazionale
che ricalchi il Califfato islamico omayyade del 632 dopo Cristo, per
intenderci quello dei primi quattro successori “dell’Inviato di
Dio”, gli ortodossi rāshidūn.
La
bandiera che Isil sventola è l’Islam politico di derivazione
qaedista e radice sunnita, ma la sua declinazione è completamente
distante dai principi coranici. Apparentemente sembra una guerra
religiosa, dove ogni miliziano straniero convertito replica nei video
propagandistici la sua shahada (professione di fede) e il gruppo
incita alla fitna (la realizzazione dell’unità della umma, della
comunità islamica), emettendo delle fatwe, delle punizioni per
chiunque non segua le direttive dei nuovi “califfi”. Ma questa è
la cover religiosa di un progetto politico: l’espansione del potere
regionale dell’Arabia Saudita e, conseguentemente, della dinastia
wahabita sui Paesi nel Mashrek e del Maghreb che hanno una serie di
ricchezze: petrolio, ampi campi desertici per l’addestramento di un
nuovo esercito, popolazione senza lavoro, educazione, cibo e diritti,
stanca di dittature e bombardamenti e ingiustizie imposti grazie alla
mano occidentale.
Se
si pensa che gli iracheni sunniti sono stati estromessi dal governo
centrale del nuovo Iraq, spesso perseguitati o ghettizati e che la
gloria di Saddam nonché il suo esercito non sono mai morti, si
comprende perché Daesh/Isil abbia trovato tutti questi consensi al
suo passaggio. Per la popolazione, i tagliagola barbuti non sono
meglio dei dittatori corrotti.
Come
già detto, gli equilibri son già completamente cambiati. Il nuovo
Stato islamico di Daesh ha decretato la morte dell’accordo
Sykes-Picot. Se invece vogliamo parlare in termini non geopolitici ma
umanitari, la conseguenza è la totale distruzione della complessità
culturale del Medio Oriente, la sua ricchezza in termini
etnico-religiosi, la naturale e storica tolleranza delle popolazioni
locali. Si cancella la terra di Abramo, la culla delle tre religioni
monoteiste, tutte provenienti dallo stesso seme. E non lo si fa in
nome della Bibbia o del Corano. Lo si fa ancora in nome del petrolio
e del potere.
A
distanza di 10 anni dalla caduta di Saddam, com'è la quotidianità
della società civile? Quali diritti sono garantiti e quali no?
Cosa chiedono, in particolare, i giovani?
Chiedono
pace, pace, pace. Una vita normale. Lavoro, non solo presso i
Ministeri per i figli delle migliori famiglie sciite e curde.
Chiedono buona educazione, scholarships per l’estero. Chiedono di
essere cittadini con diritti reali, chiedono servizi. Chiedono di non
avere più paura delle bombe e chiedono di uscire la sera. L’unica
città dove possono attualmente fare questo in sicurezza è la curda
Suleymanyia.
Cosa
NON viene riportato dalla stampa italiana e occidentale?
Sono
anni che l’Iraq è sotto il cono d’ombra dei media. Perché la
ricostruzione del Paese e i bilioni di dollari che si possono fare
con l’housing, con l’edilizia stradale, il petrolio, la rimessa
in sesto di un Paese intero completamente messo in ginocchio da anni
di sanzioni e dieci anni di guerra e occupazione ha distratto tutti,
colpevolmente, dalle questioni umanitarie. E oggi tutti si stupiscono
del fatto che Daesh/Isil abbia successo. Ricordo solo un episodio che
vale per tutti: il 28 agosto 2012, 21 persone, tra cui tre donne
erano state impiccate in un solo giorno, accusate per reati di
terrorismo non provati tramite regolare processo. Erano le ultime
sentenze di morte un anno in cui ne sono state eseguite ben 91 e per
le quali si era levata la voce solo di Navi Pillay, l’Alto
Commissario Onu per i Diritti Umani. Tra gli oltre 600 detenuti
attuali ci sono persone in cella da 7 anni, senza essere mai state
interrogate in presenza di un avvocato, senza diritto alla difesa,
torturate e costrette a confessare crimini non commessi, a cui le
forze di polizia hanno minacciato e violentato mogli e sorelle. In
Iraq l’orrore di Abu Ghraib non è mai finito.
Per
guardare il trailer de The
sound of theTigris
e per un ulteriore approfondimento: