Per conoscere la storia di Samia, leggete di seguito l'intervista che abbiamo fatto a Giuseppe Catozzella, autore del romanzo Non dirmi che hai paura, Einaudi.
Un premio per Samia
Con 93 voti, il romanzo Non dirmi che hai paura di Giuseppe Catozzella ha vinto il Premio Strega Giovani e guida la cinquina del premio principale, oltre ad aver ottenuto anche il premio Società Dante Alighieri. E noi siamo felici di ripubblicare una breve intervista che qualche settimana fa abbiamo avuto occasione di fare all'autore, congratulandoci ancora e ringraziandolo per averci fatto conoscere la storia di Samia.
Una storia esemplare, quella di Samia, una ragazzina di Mogadiscio che ha la corsa nelle gambe e nel cuore: Samia corre in nome della libertà di tutte le donne, in particolare di quelle somale che vivono in una situazione di guerra e di sopraffazione. Samia corre in nome della libertà e della giustizia. Samia condivide i suoi sogni e i suoi ideali con il suo amico Ali e primo allenatore che crede in lei, nella sua tenacia e nella sua forza. Samia, infatti, riesce a qualificarsi, a soli 17 anni, ai Giochi olimpici di Pechino, diventando un simbolo. Il destino di Samia sarà tragico, come quello di tanti migranti, ma la sua giovane vita porta in sé, e regala al futuro, la gioia del riscatto.
Quando nasce il progetto del libro
e perché ha ritenuto necessario raccontare questa storia?
L’idea di raccontare
la vita di Samia Yusuf Omar è nata quando mi sono imbattuto nella notizia della
vita e della morte di Samia (ero in Africa, a Lamu, in Kenya e stavo svolgendo
delle ricerche per un’altra storia) mi sono sentito in colpa da italiano per la
sua morte e ho deciso che avrei raccontato nel paese che Samia vedeva come sua
salvezza e speranza di vita nuova e in cui non era mai riuscita ad arrivare – il
mio stesso paese, l’Italia – la sua storia. Per cercare di creare materiale
letterario dalla speranza e dal dolore. E per risarcire, in qualche modo, il
destino di Samia.
Samia Yusuf Omar nasce a
Mogadiscio, in una terra colonizzata dagli italiani e oggi ancora dilaniata
dalla guerra: quanto è importante mantenere viva la memoria sulla Storia di ieri
per capire il Presente?
È fondamentale. La memoria è come
il respiro ed è un arco teso. Soltanto caricandolo all’indietro si può avere una
direzione e una meta.
Il racconto della vita della
protagonista si può definire come un "racconto di formazione"? E ci può
anticipare il motivo per cui Samia diventa il simbolo di tutte le donne
musulmane nel mondo?
È una storia di formazione, perché
è la storia della formazione di Samia, da quando ha 8 anni a quando ne ha 21.
Samia diventa simbolo perché per correre al massimo delle sue potenzialità
compie un gesto ovvio e al contempo rivoluzionario: decide di correre alle
Olimpiadi senza velo.
Si tratta anche di una storia
di migrazione, di tenacia e di coraggio, con una sorta
di “lieto fine” : la sua storia è importante per abbattere gli stereotipi e i
pregiudizi sui richiedenti asilo, sui profughi e sui migranti in
generale?
La storia di Samia purtroppo non ha
un lieto fine nel senso consueto del termine, perché Samia muore al largo di
Lampedusa. Ma contiene un lieto fine nel senso che è una storia di speranza e di
coraggio.