di Yomna
Orabi
L’Italia
è una Repubblica democratica fondata sul lavoro: questo dice il
primo articolo della Costituzione nata dalla Resistenza contro il
fascismo e il nazismo.
Sempre
la Costituzione spiega che non deve esserci alcuna discriminazione
civile, sociale e lavorativa e che è compito dello stato rimuovere
gli ostacoli alla piena occupazione e promuovere il lavoro.
Oggi
l’Italia nega il lavoro agli italiani, nega il lavoro ai migranti,
nega il lavoro agli stranieri, nega il lavoro agli italiani di
seconda generazione che si chiamano José, Kaled, Sviatoslav.
Il
lavoro precario, il lavoro nero, l’assenza di lavoro, i ricatti, la
violenza alla dignità delle donne e degli uomini che vorrebbero
semplicemente lavorare, sono quotidianità, così come le
discriminazioni, le umiliazioni, gli insulti. Tutto questo accade
oggi, ogni giorno in Italia contro gli italiani e gli stranieri.
Questa
drammatica situazione, questa violenza, nega i diritti costituzionali
e il diritto alla vita, come è anche per altro sancito dalla
Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo.
A
peggiore questa situazione è ora il decreto sul lavoro, chiamato
Jobs Act, per provare a confondere i cittadini, pensando che non
capiscano che dietro l’inglese del nome si nasconde un ulteriore e
gravissimo attacco ai diritti, con l’obiettivo di distruggere lo
statuto dei lavoratori, nato nella stagione delle lotte e del
protagonismo dei lavoratori quarant’anni fa.
È
assurdo ma è successo. Invece di estendere le tutele e i diritti a
coloro a cui per anni sono stati negati, con la scusa della modernità
e della flessibilità, si è iniziato un cammino volto a cancellarli
per tutti.
Oggi
si può essere assunti a tempo indeterminato, ma si può essere
licenziati in ogni momento. Ovvero non esiste più tutela del lavoro
e non esiste più diritto a un lavoro duraturo e stabile, il lavoro a
tempo indeterminato è stato distrutto dal governo attuale.
È
tempo di costruire solidarietà, di rispettare le leggi, di
riconoscere il contributo fondamentale portato dagli immigrati alla
ricchezza d’Italia, con una quota di tasse così rilevante da
essere determinante nel garantire il pagamento delle pensioni e il
funzionamento di scuole e ospedali.
Solo
se saremo capaci, tutte e tutti insieme, di far capire che occorrono
più diritti e non meno, più rispetto e non meno, più
partecipazione e non meno, potremo costruire quel futuro in cui casa,
salute, istruzione e lavoro saranno diritti per tutte e per tutti,
nessuno escluso.
1°
marzo 2015
Milano,
Piazza del Duomo
Intervento
durante la manifestazione Primo Marzo 2015: una Giornata senza di noi